Il tema dell’igiene pubblica e del decoro urbano non è certo un’invenzione dei giorni nostri e a seconda delle esigenze, delle contingenze e delle emergenze ogni comunità ha assunto e assume le misure idonee per fronteggiarle.
A Porto Torres, ad esempio, la prima importante crisi igienica venne affrontata nel 1856, all’indomani della epidemia di colera (estate-autunno 1855) che oltre a decimare la popolazione dell’intera isola aveva imposto la necessità di comportamenti atti ad evitare che si riproponessero i gravi problemi di un’epidemia nella quale grande incidenza hanno le abitudini igieniche della popolazione.
Così, nel gennaio del 1856, durante il secondo mandato del sindaco Giovanni Battista Vistoso, venne redatto e approvato dal Consiglio Comunale il primo Regolamento di Polizia urbana e rurale.
Vale la pena riportare alcuni articoli:
art. 1º Le immondizie dei cessi acquai, e delle latrine non potranno lasciarsi trapelare e scorrere nei pubblici siti, dovranno perciò i proprietarj delle case non provviste di pozzi neri, condurre tali immondizie, nelle spiagge del mare, e in quei siti che verranno dal Consiglio Delegato di concerto coll’Autorità marittima designati sotto ammenda da lire nuove 2 a 5. art. 2º I proprietarj usufruttuarj, possessori ed amministratori qualunque, e in difetto di essi gl’inquilini,dovranno far purgare i pozzi neri almeno una volta all’anno, esclusi però i mesi di Maggio, Giugno, Luglio, ed Agosto, sotto la pena ed ammenda anzidetta. art. 3º Le sozzure estratte dovranno tosto esportarsi fuori dell’abitato, ed in luogo tale che non possano in alcun modo nuocere alla pubblica sanità. art. 4º Tutti gli affittevoli od inquilini che occuperanno appartamenti, botteghe, magazeini, camere, scuderie e simili al pian terreno e in diffetto di essi i proprietari delle case dovranno mantenere polite le contrade e piazze alle quali confronteranno li rispettivi membri e case suddette e saranno perciò tenuti di scoparle in ogni giorno di sabbato di ciascuna settimana, e sempre quando il Sindaco ne faccia pubblicare l’avviso in qualsiasi giorno o circostanza come pure di toglierne la neve. art. 5º È vietato a chicchessia di riporre qualunque immondizia, far cumuli di letame, e di altre materie fetenti in qualsiasi luogo pubblico, e nelle corti interne all’abitato salvo siasi ottenuta la licenza dal Sindaco, o chi per esso, il quale non potrà per altro concederla che in caso di necessità, e per un termine non eccedente i tre giorni. art. 6º È parimenti proibito di gettare qualsiasi cosa dalle finestre o balconi,nelle contrade e siti pubblici. art. 7º Nessuno potrà quindi innanzi distendere pelli od allargare pelli fresche in siti respicienti nelle contrade, ed in altri luoghi con incomodo dei vicini. art. 8º Non si potranno gettare nei siti pubblici bestie morte, ferite, od inferme sotto pena dell’ammenda di lire nuove 5 a 15 oltre l’osservanza dei provvedimenti del Magistrato di Sanità. art. 9º È proibito di sparare nelle contrade e piazze, dalle finestre delle case, nelle corti, e negli anditi del concentrico dell’’abitato, mortaretti,armi da fuoco, e simili senza la speciale licenza per iscritto dal Sindaco o chi ne faccia legalmente le veci. Il concentrico di questo abitato rimane circoscritto come segue: Dal lato di mezzodì del luogo dietro la Basilica a Monte Angellu. Dal lato di notte vietato. Dal lato di levante dalla strada Campo Santo al fosso Giganti. E dal lato di ponente, passato il Ponte Romano.
In tutto il regolamento comprendeva 70 articoli.
Il paese era piccolo e povero, e le condizioni igieniche non potevano che rispecchiare quello stato.
Dopo circa un secolo, mi riferisco agli anni cinquanta, Porto Torres era un paesotto, sempre molto povero, con le strade in terra battuta (solo il corso e via Ponte Romano avevano il selciato) e la produzione di spazzatura delle famiglie, per la maggior parte numerose, era molto esigua: pochi resti di cibo, anzi niente, la buccia di patate e di certe verdure e qualche foglio di giornale, ché se ne compravano pochi. Persino i piatti rotti si riparavano, allora.
Chi aveva il cortile spargeva gli avanzi del cibo tra le piante, era concime, il predecessore del compost, mentre tutti i giorni passava un anziano col carro trainato dal cavallo che avvertiva del passaggio con una tromba (faceva anche il banditore eh nel resto della giornata).
Le donne portavano fuori i secchi della mondezza, la “conferivano” nel carretto che una volta colmo andava al mondezzaio (lu muntinaggu), fuori dal paese. L’unico spazzino alle dipendenze del comune spazzava il corso. Ogni famiglia aveva l’abitudine di spazzare la parte di strada vicina alla porta (lu gianniri) e più spesso il tratto di strada lungo tutta la facciata. Non c’erano condomini né palazzi, solo case basse.
La crescita vorticosa del periodo dell’industrializzazione ha imposto scelte più razionali. Il comune si attrezzò sia per la raccolta dei rifiuti sia per la pulizia e il decoro della città: uno dei punti di forza di ogni amministrazione era mostrare efficienza proprio sull terreno dell’igiene pubblica e del decoro urbano.
Così si iniziò a sperimentare il primo porta a porta, che, come si vede, non è stato certo “inventato” in questi anni.
Negli anni settanta, i tempi del mitico Pino Carta che si alzava all’alba per controllare che il servizio venisse svolto al meglio, i netturbini passavano casa per casa, salivano per le scale dei palazzi con sacconi in spalla e ritiravano la spazzatura “porta a porta”. Le buste, nere e resistenti, venivano distribuite dal comune e addebitate nella cartella della “tassa mondezza”.
Nel mio palazzo passavano due netturbini sassaresi, gemelli, molto alti, dall’educazione e dalla cordialità impagabili, tanto che qualche bambino manifestava spesso l’intenzione di voler fare, da grande, lo spazzino..
Verso la fine degli anni novanta si inizia la raccolta differenziata con l’introduzione di cassonetti di diverso colore per differenziare carta (bianchi), vetro (campane generalmente verdi), plastica (gialli) e secco-umido (verdi).
La prima grave crisi si ebbe nei primi anni del 2.000. I cassonetti del secco e umido non venivano vuotati tutti i giorni e i cumuli di buste rotte e maleodoranti giacevano per giorni attorno alle “isole ecologiche”, che di ecologico avevano poco o niente, soprattutto nei quartieri periferici.
Nell’estate del 2002, sindaco Gilda Usai e assessore il povero Antonello Inis, la situazione divenne insostenibile: da una parte l’impresa appaltatrice non riusciva ad effettuare correttamente la raccolta, non vuotava i cassonetti e non li lavava, dall’altra sempre più numerosi cittadini continuavano a conferire spazzatura su spazzatura sopra e attorno ai cassonetti ricolmi all’inverosimile. Furono necessarie diverse settimane e provvedimenti d’urgenza per far tornare ad un livello accettabile l’igiene della città.
Faticò non poco Gilda e il povero Inis quell’estate. Furono introdotti i cassonetti per l’umido, più piccoli e di colore marrone, ma una gran parte di cittadini continuava a conferire senza differenziare. In tanti si ebbe la consapevolezza che quel sistema non potesse funzionare, sia per l’inadeguatezza dell’impresa, sia per l’irresponsabilità e la maleducazione di troppi.
Quel sistema andò avanti fino al 2009, quando prese il via un nuovo e innovativo modello: la raccolta differenziata spinta e il ritiro porta a porta. Sindaco era Luciano Mura e assessore all’igiene Vladimiro Ginatempo.
Un esordio a dir poco drammatico: il ritiro dell’umido previsto per due volte la settimana, quello del secco una volta, e ogni 15 giorni la raccolta di carta, plastica e vetro.
E infatti la seconda crisi: famiglie costrette ad accumulare in casa bidoni colmi di spazzatura, rifiuti di ogni genere abbandonati lungo le strade di periferia o nelle campagne fuori città, discariche, mini o maxi, che iniziano a proliferare in molte cunette di strade periferiche. Ma anche le proteste non tardarono a manifestarsi. Il povero Ginatempo, come il suo predecessore, veniva subissato di telefonate e segnalazioni da parte di cittadini infuriati. Si modificò allora il calendario della raccolta e si incrementarono i passaggi: tre volte la settimana veniva ritirato l’umido, due volte il secco , una volta la plastica (tutta colpa di Abbanoa!) e ogni due settimane, alternativamente, carta e vetro.
Naturalmente il costo dell’appalto subì un aumento, nonostante fosse previsto ch le premialità legate al corretto conferimento venissero attribuite all’impresa appaltatrice. I maggiori oneri legati al potenziamento della raccolta, naturalmente, determinarono l’aumento ulteriore della tassa sui rifiuti.
Quell’appalto, che doveva durare quattro anni, e che il sindaco Scarpa aveva pesantemente criticato durante la sua campagna elettorale, non soddisfò mai le esigenze di una cittadinanza cresciuta troppo in fretta e poco avvezza al rispetto di certe regole. Ma anche l’impresa mostrò troppo spesso gravi falle nell’applicazione del capitolato d’appalto. Nonostante ciò, quell’appalto fu prorogato, proprio dall’amministrazione Scarpa, per ben due anni con maggiori oneri a carico dei cittadini e servizi mai prestati, come la videosorveglianza alle quattro isole ecologiche posizionate peraltro con diversi mesi di ritardo.
Anno domini 2017: a un anno e mezzo dall’entrata in esercizio del nuovo appalto, che doveva rappresentare la soluzione di tutti i mali, Porto Torres continua ad essere sporca, l’impresa arranca, molti portotorresi continuano a fare male la differenziata, il cancro delle discariche abusive è diventato cronico, la tari è aumentata notevolmente e la tolleranza zero consiste nel lasciare per strada le buste di spazzatura “non conformi”, perchè la maleducazione difficilmente si riesce a perseguirla e le inadempienze non sempre si ha il coraggio di sanzionarle.
Ecco, stando così le cose, io credo che un termovalorizzatore, di quelli di ultima generazione, risolverebbe qualche problema. Ma a Porto Torres e in Sardegna di questo non si deve parlare, altrimenti ti saltano addosso.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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