Domanda: ma la colpa è di Hamas che nasconde le armi in un ospedale sperando che non vengano colpite, o di Israele che pur di colpire dei razzi da cui è perfettamente in grado di difendersi, non esita a sparare su un ospedale? La situazione è molto complessa, e trovo frustrante la difficoltà, tutta mia, di spiegare cosa intendo quando parlo di massacri e di uso sproporzionato della forza. Dico solo questo: non si può paragonare quello che succede in uno stato moderno come Israele, con le dinamiche caotiche di un campo di concentramento quale è Gaza. Taglio corto e dico che Hamas è colpevole quanto Israele. Ma Hamas, a voler fare un paragone con la nostra realtà, è più simile alla Mafia che a un governo nazionale. Infatti c’è l’ANP e c’è Fatah, che dovrebbero essere gli interlocutori di Israele e che hanno perso terreno più volte perchè molti Palestinesi sono succubi di Hamas. Chiedo, ma massacrare la popolazione civile come fa Israele, rafforza Hamas o lo indebolisce? é lo stesso governo Israeliano ad aver detto ieri che l’offensiva di terra non serve per decapitare o defenestrare Hamas ma solo per ridurne il potenziale bellico. Qui c’è un nodo fondamentale. Gli Israeliani non sono stupidi: a cosa serve alla lunga tenere in piedi Hamas, colpire le armi che verranno rifinanziate da qualche altro movimento islamico, e limitarsi a aumentare a dismisura gli effetti collaterali, cioè ammazzare tutti quei civili? Israele non sta conducendo una guerra per depotenziare Hamas; sta conducendo una guerra di logoramento verso un popolo intero, facendo cose che servono solo ad aumentare l’odio, indebolire le fragilissime istituzioni palestinesi e aumentare la credibilità degli estremisti. I morti convengono sia al governo Israeliano che ai fondamentalisti antisionisti. E sentire queste giustificazioni di Israele a fronte di tutto quel sangue innocente, mi da solo la sensazione che, come quegli israeliani che si portano le poltrone sulla collina per assistere ai bombardamenti, abbiamo, abbiate perso fin troppa umanità.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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