Ed ecco la nuova strage americana da armi impazzite. E io penso che quasi ogni giorno, quando vado a correre per i sentieri intorno alla mia campagnetta dalle parti di Platamona, questo cartello mi si aggrappa ai coglioni e mi fa percorrere gli ultimi due chilometri in una condizione di disagio. Lo incrocio su un cancello di uno dei miei percorsi usuali. Vaffanculo, ed è anche il più comodo, di questi percorsi, quello più panoramico e con meno buche, quello che scelgo più spesso. Quando arrivo a quel cancello mi succede una cosa che in famiglia chiamiamo la “sindrome del topo morto”. Quando una delle mie figlie aveva sei anni, una carogna di topo restò in bella mostra vicino alla sua scuola per una roba tipo tre mesi. Voi non immaginate quanto ci metta un topo morto a dissolversi. Molto più di altri animali, cristiani compresi. Era sempre lì e sempre nello stesso posto. E sempre più puzzinoso e rivoltante a vedersi. Carne gonfia e putrefatta, pezzetti d’osso che spuntavano qui e là. Neppure i potenziali predatori di città, cornacchie comprese, lo portavano via. Non parliamo della Nettezza Urbana. E con la mia figlioletta Maride, quando la accompagnavo a scuola, ci dicevamo ogni volta: “Questa volta non lo guardiamo, non lo guardiamo” e invece ogni giorno il gusto dell’orrido prevaleva e ci passavamo vicini per dire “Che schifo!”. E ridevamo. E’ da questa estate che questo cartello mi fa lo stesso effetto. Mi attira e mi fa schifo. Soltanto che poi non rido. Non è un generico cartello di “sorveglianza armata”. E’ qualcosa di più violento, spietato: dice che se entri senza permesso – e anche un ragazzino che entra per rubare i fichi da un albero non ha il permesso – incontrerai l’arma suddetta e il Padreterno. Il significato mi sembra chiaro. Penso a quanto mi incazzerei se fossi Dio a vedermi associato a una pistola. E anche a quanto mi incazzerei se credessi in Dio nel vederlo trattato da antifurto. Chissà se il detentore dell’arma è un credente e se qualche prete ragionevole gli ha spiegato che sta bestemmiando. Dal loro punto di vista. Dal mio sta facendo anche di peggio. E poi, mentre continuo a correre, penso che è un mio vicino di casa. Non lo conosco, non so chi sia e cerco di capire se a vederlo in faccia mi accorgerei che è uno così oppure se lo prenderei per uno qualsiasi dell’assemblea della strada vicinale, quelle riunioni dove decidiamo le quote per i lavori di manutenzione. Magari è una brava persona che neppure si rende conto dell’incredibile forza negativa di quel cartello. Sono fra noi, quelli che hanno la pistola. E non ce ne accorgiamo sinché non la usano. Ricordate quella canzone, degli anni Settanta mi sembra? “Una pistola in vendita significa in sostanza arretratezza, fame, solitudine e ignoranza” Chissà a quali di queste condizioni sociali o esistenziali risponde il mio sconosciuto vicino. Forse a nessuna. I tempi sono cambiati e ora chi vende le pistole elegge i presidenti.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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