I primi stipendi, roba dei primi anni Settanta, erano un assegno del Banco di Sardegna che cambiavo subito e mi mettevo un po’ di banconote in tasca e le altre in un cassetto. A mettere su famiglia mi mancava molto, stavo sempre al lavoro e non avevo tempo di spendere e quindi ero pieno di soldi. Poi mi consigliarono di aprire un conto al Banco di Sardegna e di farmi accreditare lo stipendio. Non c’era più il gusto dei bigliettoni da centomila lire dentro il cassetto, però ho capito nel mio piccolo cosa vuol dire una banca di casa. Cioè, come giornalista lo sapevo bene quanto il Banco contasse nel mondo dell’industria, piccola e grande, e dell’agricoltura e tra gli artigiani e tra gli allevatori. Ma se un giorno quando hai già moglie e figli e stai buttando soldi in un affitto ti capita l’occasione di un appartamento a buon prezzo, allora capisci cosa significa avere una banca che ti aiuta a diventare padrone di casa senza rimetterci l’osso del collo. Oppure qualche anno dopo quando un incendio, di punto in bianco, quell’appartamento te lo distrugge. Tu sei assicurato, sai che un giorno o l’altro parte di quel valore perso (non tutto, purtroppo) te lo ridaranno indietro. Ma intanto, come campi? Come fai a cominciare a ricostruire la tua casa per abtarci mentre i periti dell’assicurazione cominciano il loro lungo lavoro? Ecco, una banca vicina che pur senza perderci sa che gli conviene aiutarti perché se si spargesse la voce che lascia le famiglie con il culo a terra sarebbe la fine della sua missione, una banca così caspita se faceva comodo. E continua così. Ho avuto ancora bisogno, del Banco. Lo sto ripagando, ci mancherebbe, ma non mi ha mai detto no. Ecco perché mi dà un po’ di preoccupazione e soprattutto un po’ di tristezza apprendere che in questi giorni la Bper, lontano lontano, in Emilia, sta decidendo zitta zitta le sorti del Banco di Sardegna. Continuerà a esistere? Cosa dice la Fondazione? L’ultima erede sarda di quello che è stato un pezzo importante di Sardegna? La Fondazione è gestita dalla politica e la politica, che in questi giorni parla di tutto, che promette tutto, sul Banco tace. Neppure una promessa? Neppure un’illusione? Almeno quella, per favore.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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