Oggi a Milano si festeggia Sant’Ambrogio, vescovo veneratissimo, tra i quattro dottori della chiesa cattolicad’Occidente. Sant’Ambrogio è Milano e Milano è Sant’ Ambrogio, come San Gennaro è Napoli. La ricorrenza cade in giornate convulse, pronte per la festa dell’Immacolata che servirà per lanciare definitivamente il Natale. Io Milano non la conosco bene. Ci sono stato, forse, una decina di volte, ma ho sempre nutrito per lei un senso di lontananza e di dovuta reverenza. Forse perché per noi isolani è troppo vicina all’Europa, forse perché ci sono troppe luci ma non come Parigi, c’è molto traffico, ma non come Roma, ci sono molti colori ma non come Napoli. Ecco, Milano, io credo, occorre amarla. Ne ha sinceramente bisogno. Rappresenta quel voler fare a tutti i costi, riuscirci dove gli altri non arrivano: ha grandi industrie, ci gira il mercato della moda, ha due squadre di calcio piene di trofei, una di basket che vince da molti anni, ci sono le luci di San Siro, il duomo di notte con le piroette di sabbia. C’è il rumore di sottofondo di Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Dario Fo, Beppe Viola e non c’è più la nebbia. E’ rimasta, forse, quella malinconia che sa cantare molto bene Ornella Vanoni, grandissima signora milanese. Sant’Ambrogio rappresenta tutto questo, una festa costruita dentro l’emisfero della normalità. Milano non è la mia città e non mi rappresenta. Però quando ci vado la osservo con dovuta deferenza. E, in qualche modo, con un piccolo sorriso figlio di una stranissima leggerezza, me ne compiaccio.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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