Vi ho già raccontato come erano le sedute radio. Siccome duravano qualche manciata di minuti e la giornata è composta da 24 ore anche a Milano (o forse no), mi avanzava tutto quel tempo da impiegare. Nella capitale della moda, vuoi non partecipare ai party più favolosi per incontrare la fauna dei VIP? E con quella bella via dello shopping con dei muscolosissimi signori pagati per tenerti la porta mentre esci con 7 buste per braccio?
Ecco. Vi siete distratti. Sono lì per curarmi dai, non posso mica dilapidare i miei averi per qualche slip di Stella Mccartney. Ricomponiamoci tutti e torniamo a noi
Il giorno in cui la radiologa nel suo ambulatorio mi spiega in cosa consiste la terapia, quali effetti a breve e a lungo termine posso incontrare, mi dice che tra questi ultimi, ci potrebbero essere problemi al cuore e ai polmoni. Ah Ah Ah felicità immensa. Dice queste cose ridendo, quindi è sicuramente una cosa bella. O forse ha frainteso alcune nozioni di Psicologia della Comunicazione.
Ma m’importa ‘na sega! Suvvia, al momento ci si pensa anche se tanto lo sapete, gli accidenti sono multitasking oppure vanno come le ciliegie, giusto per stare sempre in guardia e non morire di noia.
Eppure di noia ve ne potrei parlare, la noia a Milano, incredibile ma vero. Perché c’è stato un giorno di quella vita milanese, un giorno in cui ero sfinita fisicamente e mentalmente e l’unico modo per passare la domenica pomeriggio, era starsene sul divano a spipolare su internet magari con la Tv sintonizzata su qualcosa di interessante oppure ancora fare una breve passeggiata per i negozi della zona e…
SBAGLIATO
La domenica pomeriggio il quartiere non aveva intenzione di dedicarsi al commercio, infatti tutti i negozi erano chiusi, cioè proprio proprio con le serrande. In Tv c’erano programmi tipo quelli di Barbara D’Urso, anzi c’era proprio lei e in più avevo finito i giga dell’offerta internet.
Un tracollo, una sciagura. De La Settimana Enigmistica mi era rimasto solo “unisci i puntini”.
Paola ma allora leggi qualcosa no? Ecco. Ve la siete cercata e farò una parentesi sulle letture del periodo. Mi era tornato questo schiribizzo di leggere romanzi rosa, ma un genere in particolare che avevo letto in adolescenza, trattasi dei romanzi di Barbara Cartland. Romanzi storici quasi tutti ambientati nel XIX secolo Perché proprio quelli? C’è una spiegazione: io odio la descrizione romanzata degli amplessi. Frasi tipo “la sua virilità” per dire “‘stocazzo” che trovi appunto nel genere rosa, mi fanno vomitare. Cioè o ci vai giù duro con frasi hard oppure niente. Edulcorare scene farcite di sesso mi sembra un’ipocrisia da educanda che vuole giustificare l’ormone scatenato, travestendolo d’amore e romanticherie inutili. Insomma sono pragmatica anche in questo. I libri di Barbie invece sono castigati a tal punto che non si sbilancia nelle scene d’amore. Qualche bacio, qualche rivelazione (la protagonista è quasi sempre vergine anche nel pensiero) ma poco più. E io apprezzo appunto perché come ho detto: o sei esplicita nelle descrizioni oppure niente, né metafore né nomignoli. Altrimenti io vomito sul tuo libro.
Insomma mi era tornato questo vecchio interesse e ve lo posso confessare perché se iniziate a storcere il naso e fare gli snob, io gioco sporco e vi impietosisco con la cosa del tumore e voi a un tumorato non potete negare nulla, giusto no?! Il problema comunque è che proprio non trovavo un libro della Cartland. Ho poi scoperto che la serie Harmony, dedica delle uscite settimanali o mensili proprio ai romanzi della Dame, ma in quel periodo non sapevo e avevo ripiegato su dei libri scritti da Mary Westmacott (echicazzè?), un alias di Agatha Christie che firmava romanzi di genere sentimentale. Ma niente non riuscirono a prendermi e rimasero lì. Apprezzo all’ennesima la giallista ma la rosista, no grazie.
Insomma un disastro totale quel giorno lì e le ore non passavano e io continuavano a camminare in 20mq iniziavo a imparare a memoria tutte le macchie nelle pareti ed è allora che ho pensato a chi sta in isolamento. Ho realizzato in quel momento che casomai mi arrestassero per un crimine non commesso, confesserei ugualmente, confesserei tutte le atrocità della storia umana pur di tornare a parlare con qualcuno. A parlare anche del tempo e delle mezze stagioni.
Ma questa è stata una parentesi, ci sono stati anche giorni pieni in cui le ore sono volate, alla faccia della fatigue (uno degli effetti della radio), mi collegavo col tablet ai videotutorial di fitness e facevo le mie lezioni di ginnastica. Poi ancora in compagnia dei miei cari zietti e cugini che da anni non rivedevo. Mi hanno coccolata e nutrita e Claudio e Cristina mi hanno fatto conoscere la cotoletta sui Navigli. La cotoletta è poi un rito con La Michela. Assieme ai pizzoccheri rappresentano il contorno per i nostri incontri. La cotoletta fritta rigorosamente nel “burro chiarificato”. Capito dottor Berrino? Non è colpa mia, è colpa di Miscela.
Una quarantina di giorni a Milano, da fine aprile fino al 6 giugno. Certo il 6-6 è una data per due terzi diabolica, ma era il 2014 la cui somma fa 7, sicché avete poco da trovare significati satanassi.
È ora di tornare a casa. Ho finito con le terapie “più pese”, ora dovrò solo continuare con l’ormonoterapia per cinque anni. Pasticchetta quotidiana e puntura ogni 28 giorni, una vera e propria castrazione chimica che pure se ti passa Rocco Siffredi accanto, l’ormone fa il vago e fischietta.
Prossimo appuntamento è la ricostruzione
Già
Quella orribile ricostruzione Ma non voglio spoilerare nulla, lo saprete nella prossima puntata. Come direbbero i giapponesi: つづく
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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