Bisogna sedersi davanti al mare e non riuscire a vedere nulla. Bisogna guardarlo quell’orizzonte nuovo, sconosciuto quasi, quella linea di demarcazione tra due bandiere tutto sommato simili; cambia solo un colore: dal verde all’azzurro. Dall’Italia alla Francia, nazione che non sa disegnare e non consegna i pastelli di un cielo duro endemico a chi, invece, seduto sugli scogli di Ventimiglia aspetta. Non sa neppure chi sia Bernarde Cazeneuve, ministro francese dell’interno, non lo sa e non intende neppure saperlo. C’è gente che ha camminato attraversando il deserto e consumato le scarpe e forato l’anima per raggiungere questo lembo di terra. Gente che ha raccolto tutto il dolore del suo popolo e se lo è caricato sullo zaino, ormai logoro. Non può essere che il mare non regali opportunità. Non può essere che questa immensa pianura azzurra non li faccia continuare e li getti così, come cose inutili sugli scogli di un paese lasciato solo e l’Italia non riesce più, con questi silenzi urlanti di un’Europa sempre più lontana, ad affrontare questa emergenza. Non riesce, non può e, soprattutto non è giusto. Dove sono i principi etici di molte nazioni che intendevano, unendosi, diventare una sola nazione? Dove sono le parole di fraternità, legalità ed uguaglianza che tanto sbandierano i nostri cugini transalpini? Qui, sugli scogli di Ventimiglia dove un centinaio di migranti conduce una piccola battaglia, quelle parole non risuonano. Non c’è il rumore della solidarietà, del prendersi carico di persone, di uomini che cercano uguaglianza, possibilità di partire perché dalle loro parti la vita non comincia neppure. Bisogna sedersi davanti al mare e chiedersi perché siamo arrivati al cospetto di questa storia senza riuscire a dare nessuna risposta, senza poter costruire anche un piccolo segmento di speranza. Niente. Bisogna sedersi davanti al mare, vicino a questi uomini con occhi stanchi e cuore stropicciato. E cominciare a usare le parole per loro e con loro. Non gettiamo il nostro malessere dentro le valigie degli altri. L’Europa cominci a farsi sentire. Davvero.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Da Mattarella a Zelensky passando per Sanremo.
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.023 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design