Un conto è ragionare sul muro al Brennero, per prendere atto di un’Europa che ricomincia ad innalzare barriere contro il millenario fenomeno delle migrazioni. Un conto è constatare che questi muri, non fisici ma costruiti con l’immateriale paura e l’impalpabile pregiudizio, vengono eretti a due passi da casa, in luoghi che ti sono familiari. Ad Aglientu, piccolo Comune della Gallura da 1200 abitanti, alcuni giorni fa è giunta la notizia del possibile arrivo di 80 migranti, destinazione che rientrerebbe nei piani del programma di accoglienza. È esplosa la protesta, perché è opinione diffusa che la percentuale di profughi sia sproporzionata rispetto alla popolazione residente, insomma i migranti sarebbero troppi. Non metto in dubbio che accogliere tante persone tutte assieme possa presentare delle difficoltà, ma in condizioni simili il sindaco del confinante centro di Santa Teresa Gallura ha anteposto l’umanità al pregiudizio, pur emettendo ordinanze per difendere l’ordine pubblico ed impedire l’accattonaggio. Dopo un Consiglio straordinario il Comune di Aglientu è stato occupato da una dozzina di contestatori, sul profilo Facebook del sindaco Antonio Tirotto qualcuno ha scritto che “il 90 per cento dei migranti so’ alga di muntinagghju”. Spazzatura da discarica, per intenderci. Ad Aglientu ci sono cresciuto e ho trascorso meravigliose estati della mia infanzia, ad Aglientu torno spesso per vedere i parenti. È stato dolorosa la mancanza, in queste giornate di contestazione, di una sola parola di umana e cristiana comprensione, sommerse dalla rabbia livida e cieca di chi giudica le persone in quanto indistinta massa di migranti, senza conoscerne nome, cognome e storia personale di ciascuno di loro. Tutti “comunisti” e “buonisti” quelli che cercano una soluzione, tutti speculatori quelli che cercano forme sostenibili di accoglienza. “Perché non se li invitano a casa loro?”, ironizzano sarcastici i sostenitori delle barriere a tenuta stagna, come se il piano di accoglienza prevedesse di sistemare i migranti di Aglientu nel soggiorno delle loro case. Nei luoghi della mia infanzia leggo gli stessi slogan che dominano la bacheca di Matteo Salvini. È stato orribile doversi rassegnare all’idea che ormai la paura prevalga, ovunque, sulla solidarietà e su ogni altro sentimento di umana pietà.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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