Il 2 giugno 1946 mia nonna che aveva la bellezza di 47 anni e aveva già 12 figli e per la prima volta poteva recarsi alle urne per votare. E votare per la Repubblica. Era un avvenimento in quel paesino di 1300 anime vicino a Sassari. Era un avvenimento soprattutto perché le donne, finalmente, potevano partecipare al voto. Mio nonno, che di anni ne aveva 57 non era, invece, assolutamente favorevole a questa novità e ad una modernità che riteneva rischiosa. Non era mai stato fascista e neppure antifascista. Era, almeno io così l’ho poi inquadrato da adolescente, un bizzarro autarchico, analfabeta e affabulatore, uno che cantava a battorina e amava il vino. Però era per il re. Non ho mai capito perché ma lui si vantava di aver combattuto la prima guerra mondiale come Cavaliere di Vittorio Veneto e i Savoia si dovevano rispettare. Solo le donne e i giovani non lo capivano. In ogni caso i miei nonni si recarono al seggio ognuno con le proprie convinzioni. Mia nonna, che aveva una bellissima calligrafia disse a mio nonno di stare attento, di non sbagliare. Se voleva il Re bisognava votare a sinistra, dove c’era la donna e se parteggiavi per la Repubblica la croce andava a destra, sulla corona. Mio nonno, gran frequentatore dei notabili del paese (amici di tazza, analfabeti e anarchici come lui) sosteneva il contrario. “Non ci faremo fregare da quattro donne, dicevano”. In quel paese, quel giorno vinse la monarchia. Anzi, stravinse. Mia nonna me lo ricordava sempre e mi diceva che noi facevamo parte di una generazione fortunata perché non aveva conosciuto i dolori della guerra e avevamo la possibilità di studiare: “Così non diventi come tuo nonno”, mi diceva, “monarchico senza re”. Però mio nonno, tra una battorina e una tazza di vino aggiungeva: “Lasciala stare tua nonna, democristiana sempre attaccata alla chiesa. Ancora crede che ho votato al Re. Io, il 18 aprile del 48 ho votato i comunisti e lei i democristiani. Anche perché io non so leggere ma la falce e il martello li conosco bene”. Gli chiedevo allora dei Savoia, del Cavaliere di Vittorio veneto e lui, con un lieve sorriso rispondeva: “I re servono per essere cacciati. E Savoia l’ultima guerra l’ha persa.” Non ho mai capito se entrambi votarono per la Repubblica. So per certo che quel 2 giugno 1946 i miei nonni erano davanti al seggio. Per la prima volta insieme. A costruire, anche loro, la storia di questo paese. Di questo intensamente li ringrazio.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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