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Non avevo intenzione di scrivere niente su questa tragedia, consumatasi in una fredda domenica di novembre, e che ha colpito tutta la comunità portotorrese e non solo.
Poi ho letto tante stronzate, tanta sincera pietà, tanta ipocrisia, tanta cattiveria.
Poi ho letto anche di Alice, una ragazza nuorese che ha avuto la soddisfazione di vedere riconosciuti colpevoli i suoi persecutori: tredici ragazzini che per mesi l’avevano insultata, molestata, diffamata, costretta a cambiare scuola per sottrarsi alle loro persecuzioni. Alice, per fortuna ha avuto la possibilità di trovare la persona giusta al momento giusto: il giornalista Luca Pagliari che stava portando nelle scuole la testimonianza di una ragazza vittima di bulli, di stalker, di altri giovani che si sentono realizzati nel momento in cui assoggettano e annientano altri giovani come loro.
Poi ho letto commenti, e ancora commenti e infine uno, la cui cattiveria e la cui violenza pesano quanto quella che ha indotto Michela a voler rinunciare alla vita: «Prima scopano come cagne e poi si suicidano».. Bastardi! Merde!
Michela, al contrario di Alice, sulla sua strada non ha trovato nessuno che la aiutasse. Michela ha forse cercato di aggrapparsi a qualcosa che non l’ha sostenuta. Michela ha trovato solo iene, sciacalli. Michela che era una giovane emancipata, autonoma, determinata. Michela che era andata a vivere da sola, che aveva il suo lavoro e che si manteneva. Michela che assaporava la sua libertà, il diritto di vivere la SUA vita. Michela che aveva tanti amici, che amava, che rideva, che lavorava. Michela che la SUA vita la sapeva interpretare, ne era protagonista e a buon diritto.
Ora Michela non c’è più!
Non c’è più: è l’ennesima vittima di una concezione malsana della donna. È forse la vittima di altri giovani come lei, coi quali ha condiviso spensieratezza, felicità. Amici, forse un compagno di avventure piacevoli, forse anche un innamorato…
Michela ha deciso di morire.
Perché una giovane di ventidue anni non ha più il coraggio di affrontare la vita? Perché decide di farla finita?
Vergogna? Ricatti? Persecuzioni?
Michela era una ragazza di ventidue anni che aveva tutto il diritto di vivere la sua vita secondo i suoi desideri, che doveva poter frequentare chi più le pareva e piaceva; che avrebbe dovuto avere la libertà di divertirsi, viaggiare, amare, fare sesso; che avrebbe dovuto avere la libertà anche di farsi filmare, ma che aveva anche il diritto che quelle immagini non diventassero lo strumento del ricatto, della persecuzione, lo strumento del suo assassinio.
Avrebbe dovuto cercare aiuto Michela? Certo. Ma quanti muri si è trovata di fronte? Quanti ma, quanti però, quanti te la sei cercata?
Lo vediamo tutti i giorni a che cosa va incontro una giovane donna che tenta di far valere il diritto alla sua libertà. Lo abbiamo visto con la povera Tiziana, lo abbiamo letto per le due giovani studentesse stuprate da due militari delle forze dell’ordine, e oggi lo viviamo nella nostra città: una donna deve sempre dimostrare di non averlo meritato.
Ebbene, forse il suicidio di Michela, come quello Tiziana, è stato l’ennesimo femminicidio.
E ci saranno ancora e ancora donne che saranno uccise, stuprate, maltrattate, suicidate finché ci sarà sulla faccia della terra anche una sola madre o un solo padre che non insegnerà al proprio figlio che la donna non è uno strumento di cui impadronirsi per soddisfare la sua potenza, la sua superiorità.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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