Mamma era Niki Lauda. Per me, per mio fratello, i miei cugini e qualche zio. Lo era perché era l’esatto contrario di Niki. Guidava in maniera pasticciata e creativa la sua fiat 500L, non riusciva mai ad inserire la “debraiata”, a volte era capace di arrivare anche a ottanta all’ora senza inserire la quarta. Ma era Niki Lauda. Perché per noi, negli anni settanta, Niki rappresentava la velocità, la voglia di correre, di fuggire, di osservare il mondo con i capelli e gli ormoni molto spettinati. Però lui era anche un perfezionista, un maniaco, uno che sorrideva poco e se sorrideva era per contrastare qualche avversario. Mamma era Niki Lauda e Niki Lauda era come Maradona. Un Maradona più secco, più pacato, più riflessivo, meno disponibile alle parole e pronto a raddrizzare tutte le curve che gli finivano davanti. Ho amato, negli anni, solo altri due piloti come Lauda: Senna e Villeneuve. Gli altri me li son tenuto da contorno. Alcuni troppo veloci, certi troppo perfetti, molti troppo scontati. Niki, invece, nella mia televisione in bianco e nero era una Ferrari rossa. Si, rossa, quella con la quale avrebbe vinto il mondiale piloti; quell’automobile che – forse l’unica – si porta dentro anche l’anima. Niki e la Ferrari erano due perfezioni incomplete, erano la velocità e l’attenzione, il rumore e la poesia. Non c’era spazio per i sorrisi. Perché quando si corre mica si ha il tempo di riflettere. Si corre e basta. Anche se sai che quella curva può essere l’ultima che percorri. Correre è una scommessa che Niki ha vinto. Con la sua Ferrari 312 T, riportando a casa il titolo piloti e costruttori dopo 11 anni, tutto il resto è un misto tra storia e leggenda. Mamma era Niki Lauda e adesso, son sicuro si incontreranno. Lei, come sempre, sorriderà e chiederà: “Ma tu che sei pilota la sai fare una debraiata?”. A Niki. Niki Lauda.M
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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