Puntualmente, ad ogni ricorrenza del 25 aprile, arrivano quelli che “l’Italia è una colonia Usa e non c’è niente da festeggiare”. Io lo capisco che in tanti (di destra e di sinistra) si lamentino per la faccenda della “sovranità limitata” dell’Italia rispetto all’impero statunitense. Capisco questa lamentela, ma non la condivido. E non perché non riconosca nelle ragioni di queste moltitudini elementi di verità, anzi, gli argomenti sono tutti veri. È vero che la nostra economia è vincolata alle decisioni che si prendono a Washington e a Bruxelles (nel senso di Unione europea. È vero che la nostra politica estera è, quasi tutta, la politica estera decisa a Washington e a Bruxelles (nel senso di Nato). È vero che la nostra politica militare è decisa come sopra e che siano un paese strapieno di basi militari a disposizione degli USA. È vero che culturalmente (cinema, università, musica, ecc.) siamo un’appendice del mondo anglosassone. È tutto vero. Ma il problema è: perché le cose stanno così?
Vale la pena ricordarlo, altrimenti si campa solo di equivoci. Le cose stanno così perché l’Italia, fascista, ha dichiarato guerra agli Stati uniti (per la precisione l’11 dicembre del 1941) e quella guerra l’Italia l’ha perduta. Gli USA hanno invaso il territorio italiano, l’hanno occupato e – per ovvie ragioni strategiche, economiche e politiche – non l’hanno più abbandonato. E non vale nulla obiettare che c’è stata la Resistenza. Con tutto il rispetto che ho per la lotta di Resistenza – e che tutti quelli che mi conoscono non mettono in dubbio – a me pare ovvio che, da sola, la Resistenza non avrebbe liberato l’Italia dalle truppe tedesche e dai loro alleati-servi fascisti. E questo senza considerare che mezza Italia (quella del sud), già nel 1943-44, era stata liberata (od occupata, come più vi piace) dagli americani senza quasi alcun contributo della Resistenza. La stessa sorte è toccata ad ogni altro paese d’Europa che è stato liberato (od occupato, come più vi piace) dalle potenze alleate o dall’Unione sovietica. Le uniche eccezioni sono state la Jugoslavia e l’Albania che si sono, praticamente con le sole loro forze, liberate dall’occupazione tedesca e italiana (o nazi-fascista se preferite, ma all’epoca le due cose erano sinonimi, per essere chiari).
Ora, stando così le cose, a me pare abbastanza criticabile tutta questa polemica contro gli Usa potenza occupante della povera Italia martire dei suoi interessi. Da che mondo e mondo le cose sono sempre andate così: chi vince sul nemico lo subordina. Punto e basta.
Le cose cambiano solo ed esclusivamente per tre ragioni: a) per decisione unilaterale della potenza vincitrice ed occupante la quale, di sua sponte e per ragioni di convenienza sua, decide di abbandonare al suo destino il paese occupato; b) per una guerra d’indipendenza vinta dal paese occupato contro il paese occupante; c) perché la potenza vincitrice ed occupante scompare dalla circolazione. Il primo caso si è verificato qualche volta nella storia del colonialismo. Il secondo caso si è verificato molto spesso sempre nella storia del colonialismo e anche in altri casi nella stessa Europa. Il terzo caso, recentemente, si è verificato al momento del dissolvimento dell’Unione sovietica.
Per cui trovo ridondanti, se non proprio sciocchi, questi alti lai che si levano da più parti (da destra e da sinistra) circa lo status di paese occupato, nei fatti, dell’Italia rispetto agli Usa. Di preciso, amici, cosa vorreste fare per uscire da questa situazione? Una guerra d’indipendenza? Convincere gli Usa ad andarsene? Minare dal di dentro l’Impero e portarlo alla catastrofe? A mio modo di vedere c’è poco da fare. Le cose stanno così e amen.
L’unica cosa che potrebbe farsi sarebbe quella di non dire sempre signorsì a tutte le immani porcherie che gli Usa fanno e progettano di fare mantenendo, nei limiti del possibile ma con risolutezza, un atteggiamento critico e una certa autonomia (che pure esiste, e non solo sulla carta) riguardo la politica estera e quella economica. In passato è successo. Artefici di questa limitata autonomia sono stati personaggi come Andreotti, per esempio, in politica o Enrico Mattei, in economia. Però per fare questo occorrerebbe una classe politica dirigente decorosa. Consapevole dei propri limiti ma non servile. Attenta a non fare al paese che dirige, ma decisa a non essere complice di misfatti senza dignità.
Tutte cose, allo stato attuale e da un trentennio circa, che solo il pensarle è utopia. Però la classe dirigente di questo paese, e di qualunque paese dove si svolgano libere elezioni, è lo specchio della società. Se è senza dignità la classe dirigente lo è perché lo è nella stessa misura, se non di più, la società che la elegge. Pazienza. Ci saranno, forse, tempi migliori.
*** Nel video /https://www.youtube.com/watch?v=tlMQGvpW_6I), tanto per ricordare a quelli con poca memoria come stanno le cose, l’audace colpo del solito noto nei confronti dell’Impero. Un esempio lampante di cretineria assoluta che resterà, nei secoli dei secoli, a testimonianza dello sfregio al più elementare dei principi dello stare al mondo: non sfidare più forte se non hai la capacità di (almeno) metterlo nei guai.
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