Stavo riflettendo un pochino (non molto però, pare che di questi tempi pensare faccia male) sulle vicende del corteo anti Expò di Milano, sulle devastazioni e sulle auto bruciate e via devastando.
La cosa che mi meraviglia non è una certa superficialità d’analisi, ché su Facebook non è che puoi scrivere Il Capitale, ma la risposta viscerale, dettata più dall’impulso emotivo che dal ragionamento. Basta l’intervista di un ragazzotto che non si sa neppure chi sia, a una rete non certo famosa per l’oggettività dell’ informazione che fa, per essere presi nel vortice dell’emozione.
Intanto, bisognerebbe mettersi d’accordo con se stessi: anni a domandarsi come mai, vista la situazione, la gente non scendesse in piazza a spaccare tutto e poi succede qualcosina (che a Milano non ci sia stata la Rivoluzione d’Ottobre siamo tutti d’accordo, no?) e tutti lì a meravigliarsi e scandalizzarsi. In verità, abbiamo diverse generazioni senza futuro: quella dei quarantenni perennemente precari che non avranno mai certezze di vita ma l’hanno conosciuta dai loro fratelli maggiori; i trentenni “nativi precari”, senza punti di riferimento né ideali, né politici, i ventenni, a cui si sta apparecchiando un mondo di lupi e pecore, dove se non fai parte degli uni per forza sei fra le altre.
Sono le generazioni “neet”, quelle che non studiano, non lavorano né lo cercano e non si formano per sapere fare qualcosa. Insomma, generazioni senza speranza, che non avranno mai quello che avevano i genitori, per quanto poco fosse, abituati al benessere dell’opulento Occidente, anche se periferico come può esserlo l’Italia e con poco o nessun futuro. Meraviglia che spacchino tutto senza stare a fare troppi conti sugli effetti reali? No, a me non meraviglia e temo sia una cosa che avverrà sempre più spesso, perché sempre più gente avrà sempre meno da perdere.
C’è poco da scandalizzarsi, c’è molto da fare.
Perché se si può anche capire che generazioni disperate possono portare avanti azioni disperate, bisogna avere anche chiaro chi sarà ad avvantaggiarsi delle devastazioni, delle utilitarie bruciate (ché all’operaio se gli bruci l’auto gli si girano i coglioni di brutto e poi magari mette un like sulla pagina di Salvini…), quale sarà la reazione della “massa” spaventata, che vuole più sicurezza, come sarà manipolata l’opinione pubblica dai vari fabbricanti di consenso? Di fatto questi ragazzotti, consapevoli o meno, fanno il gioco di chi combattono e il ribellismo, nella storia, non ha mai portato nulla di buono, solo a reazioni molto più violente di quelle prodotte.
L’emancipazione e il progresso sociale nasce con l’organizzazione collettiva, con una teoria razionale e ben strutturata, con obiettivi politici reali, con la consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e con la disponibilità a pagare di persona da parte di militanti motivati.
Non c’è nulla di tutto questo all’orizzonte. Solo ragazzi per cui la rivoluzione è menare le mani, adulti per cui la rivoluzione dovrebbe essere un pranzo di gala e una grande maggioranza che se ne fotte…finché il fuoco non le toccherà il culo!
Vivremo tempi interessanti. Nel senso in cui i cinesi danno a questa espressione…
Giornalista, editorialista, opinionista, turista, altrimenti non si spiega come possa collaborare da sempre con gruppi editoriali, festival letterari, teatri, istituzioni. A tempo perso ha imparato a fare l’ufficio stampa, la blogger, l’insegnante, la PR, l’organizzatrice, il mestolo di una grande pignatta in cui sobbollono tendenze di comunicazione, arte, moda, politica e antipolitica. Questa scrive, forse bene ma non di tutto, ed entra a far parte della redazione di SARDEGNAblogger perché se la sa tirare.
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