Sfoglio questo bel libro dell’editrice Mediando di Simonetta Castia che raccoglie una selezione delle “Memorie Sassaresi”, la rubrica che Manlio Brigaglia tenne per la Nuova Sardegna dal 1994 al 2018. Costantino Cossu, uno dei due prefatori, l’altro è Salvatore Tola, mi fa il più bel complimento che si possa fare a un giornalista, specialmente a un giornalista ormai depotenziato che riceve il mensile dall’istituto di previdenza e non più da un editore. Dice che questa rubrica fu “inventata e affidata a Brigaglia da un capocronista che al racconto dei fatti accompagnava l’analisi, Cosimo Filigheddu”. Certo in questo giudizio conta la cortesia di Costantino, ma io me lo prendo tutto intero ché, lo spiego ai profani, dire a un giornalista che ha saputo coniugare il racconto all’analisi dei fatti è come dire a un medico che esegue terapie salvifiche o a un calciatore che ha segnato un mucchio di gol. E quindi mi sono messo a pensare alla mia lunga carriera, senza troppi alti e senza troppi bassi. Cosa che non faccio spesso, a dire il vero, non perché me ne dispiaccia, anzi, ma perché la considero conclusa e da un po’ di tempo di giornalismo ne faccio poco e niente, preferisco occuparmi di altro. Però questa volta sono riandato a quegli anni, ho frugato nella libreria e a queste “Memorie” di Brigaglia ho affiancato una vecchia pubblicazione, 1998, dalla Soter: “Città Poesia”, cioè la raccolta della rubrica omonima che Giovanni Maria Cherchi pubblicò ogni domenica sulla Nuova dal 1995 al 1997. L’unica cosa che le lega è che in effetti entrambe le ideai io e che entrambe furono gestite da straordinarie persone. Per il resto non hanno a che fare l’una con l’altra, così come gli autori. Ma io le accoppio per certi motivi tutti personali. A quella di Brigaglia sono legati un sacco di ricordi, qualcuno lo racconterò alla presentazione che si farà a Sassari mercoledì 7 luglio al Polo Tecnico di via Monte Grappa, alla quale Simonetta Castia mi ha gentilmente invitato al fianco di Costantino Cossu e di Salvatore Tola. Uno lo dico ora. Quando alcuni anni fa uscì (in una magnifica collanina ancora della Soter curata da Salvatore Tola) il libro di Brigaglia “Ricordi di una guerra (che non ho fatto)”, rimasi stupito dalla compiutezza e perfezione letteraria di quella sessantina di pagine. Non che avessi dubbi sulle sue capacità di scrittore, l’ho sempre ritenuto uno dei più grandi intellettuali sardi del Novecento e senz’altro il più grande di questo pezzo di Duemila, ma non l’avevo mai visto quale romanziere. Alle prime pagine di quel libretto, preso dal fascino della lettura e avendo capito che non era una comune e improvvisata affabulazione messa per iscritto, mi dissi: Brigaglia è uno che sa fare tutto, magari se lo metti a riparare un lavandino, che è fuori dai suoi specifici interessi, non diventerà un grande idraulico ma riuscirà comunque a ripararlo. Invece, andando avanti, mi resi conto che non era un sapersi arrangiare come romanziere, quello era proprio un piccolo grande romanzo. E pensai alle “Memorie Sassaresi” che pubblicava sulla Nuova e di colpo realizzai che nella loro costruzione di lingua, di effetti e di narrazione erano anche quelle un grande romanzo cominciato nel 1994, una sorta di “appendice” di cui ogni settimana presentava una puntata in apparente discontinuità di argomento ma in effettiva prosecuzione di stile, uno stile che faceva navigare questa città da lui rivissuta, ripensata e rielaborata, in un tempo sospeso, dove l’Ottocento e la contemporaneità convivevano nello stesso fascinoso gusto narrativo.Glielo dissi con la consueta indecisione che distingueva i miei rapporti con lui, poiché quando mi sbagliavo non esitava a farmelo notare. E gli posi questo quesito-Ma mi sbaglio o, visto questo libretto e viste le Memorie, tu sei un grande romanziere?Mi rispose con la consueta grazia che usava nei miei confronti (ho già appurato da numerose testimonianze che il professor Brigaglia parlava bene di me soltanto alle spalle, in faccia non faceva altro che dirmene male)-Sei come un orologio fermo: ogni tanto segni l’ora giusta.-Va bene, e allora perché non lo fai, il romanziere?-Per una che ne hai indovinata, non ti allargare. Fatti i fatti tuoi.Per quanto riguarda Giommaria Cherchi, il ricordo è uno solo e di altro tipo. Con lui ci eravamo dati sempre del lei. Credo dipendesse da una sorta di diffidenza maturata quando da sessantottino un po’ coglione, a sedici anni gli davo col megafono del “revisionista” e quando qualche anno dopo cominciai a fare il cronista, pur maturandosi una stima reciproca, si mantenne sempre questa distanza formale del pronome, anche per rimarcare l’indipendenza tra un politico e un giornalista che doveva parlare di lui. Sino a quando nel 1995 gli telefonai-Professor Cherchi, vorrei proporle di tenere in cronaca una rubrica sulla poesia sassarese.Lui rimase in silenzio. Rispondendo al telefono si aspettava da me, come da oltre vent’anni accadeva, una richiesta di informazioni politiche, un commento formale o informale su fatti cittadini, tutto meno che un improvviso riconoscimento della sua qualità di poeta e di critico della poesia. E alla fine rispose-E’ un argomento troppo importante per parlarne senza guardarci in faccia. Vediamoci. E… senti, ma perché non ci diamo del tu?”.E capii che da quel momento, poiché avevo rivelato che non lo stimavo soltanto come uomo politico ma anche come scrittore, la reciproca stima era diventata anche amicizia.Questi sono i ricordi. E io come vecchio cronista dovrei strizzarmi il cervello a ricordare di campagne di stampa contro i corrotti, di agguati all’alba o a notte fonda in questure e caserme per catturare notizie segrete, di interviste difficili e rivelazioni sensazionali, dovrei pensare a roba così se voglio celebrare il mio passato. E invece l’unica medaglia che mi viene in testa la vedo poggiata su questi due libri che ho davanti, dove il glorioso effimero della mia vecchia professione si è tradotto nel glorioso perenne di una libreria.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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