Collezionare una certa rosa di acciacchi mi ha permesso di studiare la fauna umana che gravita attorno alle malattie, ho conosciuto svariati medici e le loro rispettive specializzazioni, talvolta sconosciute. Sono riuscita così a elaborare una brevissima casistica delle tipologie umane che farciscono i camici bianchi C’è ad esempio il barone: lo vedrete aggirarsi impettito per i corridoi con uno stuolo di specializzandi dalle gote rosse appresso. Lui non parla coi pazienti, parla DEI pazienti. Mentre visita e vi rigira e vi impasta, lui non spiega direttamente a voi, voi siete solo un oggetto di studio da mostrare ai propri allievi, quindi occhio e orecchio a cogliere quando parla della vostra persona «Ecco vedete, il paziente sta per morire» Lo specializzando: lo riconoscerete dalle gote rosse sia perché corre e si barcamena al posto del granitico primario, sia perché il giovanile entusiasmo accende il viso e bagna le ascelle. Se voi pazienti, siete un caso appassionante, vi seguirà ricercando tra i suoi freschi studi tutti i sintomi elencandovi le possibili diagnosi. Ovviamente non avendo ancora una buona dimestichezza con la psicologia della comunicazione, non avrà filtri nel dirvi «Ecco vede, lei sta per morire» L’impiegato: quello dalle tonalità grigie nella pelle e nell’animo, non portategli documentazioni è capace di protestare «Ma devo leggermi tutta quella roba?» e farà una cosa per me inconcepibile, visiterà a mani nude e, solo dopo avervi tastato, si laverà le mani. Non ANCHE prima, solo dopo, come se la vostra pelle fosse più infestata del mouse, della tastiera, della porta, delle mani strette a colleghi prima che vi visitasse. L’impiegato medi(c)o è il suo stesso cliché: debole con i forti, forte con i deboli. Osservatelo mentre vi parla con aria di rimprovero, lui sta solo scaricando la sua frustrazione ecco perché dovreste essere voi a chiedergli la parcella. Lui con la sua grigia voce ammonitrice vi dirà «Ecco vede, lei sta per morire, ma non si vergogna?» L’appassionato che ve lo dico a fare, lo amerete come lui ama la sua professione. Sarà il vostro compagno di viaggio perfetto, vi sosterrà sedendosi al vostro fianco, si ubriacherà con voi nei momenti no o per festeggiare. Non gli vengono i crampi a sollevare la cornetta per contattare i colleghi da cui vi manderà per altre indagini, non vi farà fare alcuna fila, lui coordinerà il tutto. E vi spiegherà tutto così chiaramente da farvi entrare nel suo mondo. E dopo anni lo ringrazierete come accade nell’episodio raccontato da Watzlawick del libro “La Realtà Inventata”: “Un uomo, malato di una malattia non diagnosticabile, viene dato dai medici come destinato a perire, a meno che, gli fanno sapere, un illustre diagnosta, che passerà in quell’ospedale l’indomani, non riesca a dare un nome al suo malanno. Il giorno dopo l’importante medico fa il giro dei malati; arrivato di fronte al capezzale dell’uomo dà un’occhiata veloce alla sua cartella e dice uno sbrigativo «Moribundus», allontanandosi senza altri commenti. L’indomani l’uomo inizia a migliorare e in poco tempo guarisce completamente dai suoi mali, riuscendo a rimettersi in poco tempo. Anni dopo rintraccia il famoso diagnosta e, al telefono, gli dice: «Grazie mille, dottore: i suoi colleghi mi avevano detto che sarei guarito solamente se lei avesse saputo dare un nome alla mia malattia. Quando le ho sentito pronunciare “Moribundus” ho capito che ce l’avrei fatta»”.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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