Capo I – Chiusura delle case di prostituzione Art 1 E’ vietato l’esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all’amministrazione di autorità italiane. Art 2 Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio ai sensi dell’art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e delle successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
È il 20 febbraio quando, dopo una lunga gestazione, il Parlamento italiano approva la Legge n.75, più nota con il nome della sua creatrice, la senatrice socialista ex partigiana, Lina Merlin che ne era stata la prima firmataria e dal 1948 portava avanti, tra gli scherni e le irrisioni dei progressisti, la sua personalissima battaglia contro la prostituzione. Obiettivo del provvedimento era quello di impedire lo sfruttamento delle prostitute e la fine dell’attività di quelle 560 case di tolleranza, in funzione all’epoca e controllate dallo Stato, e la tutela delle circa 3400 donne che vi esercitavano la professione. Donne che non fruivano di alcuna assistenza, se non quella sanitaria assicurata dai controlli periodici, e che venivano considerate nient’altro che oggetti destinati al sollazzo dell’ipocrisia umana. Nella battaglia che mise in moto la Merlin si squarciò il velo di ciò che perfino la Chiesa pensava di poter tenere nascosto. Un iter estremamente lungo e travagliato che divise nettamente l’opinione pubblica.
“Signori miei, da domani si chiude: più puttane a borsa nera nelle strade” disse la tenutaria di una casa di tolleranza ai suoi clienti, indispettita dal provvedimento.
E infatti il fenomeno non si arrestò, trovo semmai altre destinazioni d’uso: gli angoli delle strade di periferia, dove i rapporti venivano consumati nelle auto, poi si spostò nei centri cittadini, negli alberghi o in minuscoli appartamenti dove le prostitute esercitavano autonomamente la libera professione dal momento che la legge puniva lo sfruttamento e il favoreggiamento, ma non la libertà di esercitarla. Ottima nelle intenzioni ma un po’ meno negli effetti, quindi. Da allora le case di tolleranza presero il nome di case chiuse perché, ovviamente, la prostituzione non si dileguò, ma diventò illegale e invase anche le strade. La legge Merlin quindi non aveva abolito la prostituzione ma l’aveva confinata nell’illegalità. E che comunque ha avuto il merito, almeno in quelle che erano le intenzioni della senatrice, di proteggere le donne.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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