A Marcello Dell’Utri la prigione non piace. Ha ragione. Come non piace agli oltre 45.000 detenuti che sono presenti nei penitenziari italiani. Il carcere è un brutto posto dove le limitazioni alla libertà sono tantissime e dove non è pensabile di replicare, neppure per un attimo, la realtà che quotidianamente viviamo. Sotto questo profilo sono d’accordo con Dell’Utri e sono d’accordo – da anni – con Jack Abbot, pluriomicida americano che scrisse in un bellissimo libro intitolato “Nel ventre della bestia” dove affermava che il carcere, con le sue regole, non poteva assolutamente rieducare, in quanto “fuori” la realtà era assolutamente diversa da quella replicata nelle galere. Aveva ragione. Il carcere è una brutta cosa. Lo è per tutti, però. Lo dico perché negli anni i politicanti (e non i politici che sono una razza più seria) hanno urlato che il carcere serviva ai rapinatori di villette nella Brianza, ai violentatori negri, a chi non aveva il permesso di soggiorno e solo quando si son trovati davanti ad un codice penale che prevedeva il carcere a chi, per esempio, era molto vicino a certi delinquenti mafiosi, allora il carcere faceva male. Troppo comodo e troppo semplice. Non possiamo, da una parte, chiedere pene esemplari per alcuni reati e poi provare a disinnescarle solo perché chi è stato condannato ci riguarda da vicino. Marcello Dell’Utri è un detenuto che, in quanto tale, ha il diritto sacrosanto di essere curato e nel migliore dei modi. E’ costantemente monitorato a Rebibbia e le attenzioni che gli sono rivolte sono le stesse che potrebbe avere fuori dal carcere. E’ anziano. Anche Totò Riina, Michele Greco e tantissimi altri detenuti erano anziani. Non è accanimento terapeutico o giuridico. E’ solo dover dimostrare che lo Stato esiste e garantisce la dignità a tutti i detenuti, Dell’Utri compreso.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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