Osservando Aylan ho trovato subito l’analogia – non senza vergognarmi – della retorica in essa contenuta, tra il mare e le lacrime. Non era morbosità, era un sentimento di pietà e di dolore speciale. Mi sono sentito come se fossi suo padre.
Sono stato al MAN di Nuoro il giorno in cui veniva diffusa la drammatica foto di Aylan adagiato sulla battigia.
Sono state giornate dure, dolorose emotivamente. Quella sera ho visto la mostra dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn. L’installazione è composta da immagini, per lo più stampe a colori, su normali fogli A4 uniti tra loro da semplici strisce di nastro adesivo. Immagini “forti”, un allestimento contenuto, con pochi pannelli, alcuni di grandi dimensioni che ti stordiscono appena entri in quello spazio. Luce fredda, ambiente asettico come un obitorio. Alle pareti, immagini assemblate, ricomposte, smembrate e nuovamente assemblate; immagini stridenti, dolorose che a primo impatto mi hanno suscitato persino fastidio. La mostra si trova al piano terra, “protetta” da uno schermo nero dietro il quale l’artista spiega con brevi descrizioni – anche queste su striscioline di carta – il suo metodo di lavoro. Non vedi l’ora di uscire, ma al tempo stesso ci rimani, stordito e a capo chino, a vedere la morte, a sua volta osservata con indifferenza.
Ai piani superiori del MAN invece, c’è l’incredibile mostra fotografica di Vivian Mayer che, con i suoi delicati selfies – riflessi su superfici casuali – descriveva la vita quotidiana durante l’epoca “migliore” dell’America, quella fatta per intenderci, di rock and roll, di lavatrici e tv di legno; di splendidi occhiali da sole e di vestiti alla moda. Era l’epoca spensierata e post-bellica dei drive-in, i cinema all’aperto dove trasmettevano film edulcorati, miti americani, bulli e pupe. Immagini edulcorate per una Nazione edulcorata e bigotta. Immagini di vita quotidiana, tranquilla, patinata.
Al piano terra, nell’allestimento di Hirschhorn, corpi bruciati e fatti saltare in aria, smembrati; esseri umani uccisi da altri esseri umani. Immagini di questo dannato tempo. Tutte immagini recenti prese dal web, stampate e accostate ad altre immagini, di moda, tratte da riviste patinate dove non c’è traccia di sangue. Pubblicità in cui scorgiamo la freddezza dello sguardo indifferente – perso nel vuoto – di una modella, “sofferente” di falsa drammaticità.
Hirschhorn ha la capacità di suscitare sdegno e imbarazzante disagio, l’artista sviluppa con dei semplici collage lo stato del mondo in cui viviamo. Da una parte l’indifferenza occidentale, rappresentata nei ritagli di foto pubblicitarie di moda e profumi. Dall’altra, impressioni scritte con corpi squarciati, pieni di sangue. Scene a cui noi stessi siamo abituati ad assistere con assuefazione mentre sfogliamo una rivista di moda o un quotidiano. L’indifferenza è presa di mira. E’ sotto osservazione. Quelle modelle e quei modelli che posano con sguardi freddi, seriosi rivolti verso un punto ignoto, sono il riflesso dei cadaveri a loro affiancati con il nastro adesivo. Le immagini hanno un senso. La retorica dell’immagine impressa nelle superfici e nella mente, si tramanda nel tempo. I colori si sbiadiscono, ma anche le sensazioni si sbiadiscono. Un ebreo torturato e messo in croce, infilzato da lance, spesso raffigurato con il sangue che cola nel suo volto, lo abbiamo visto nelle icone duecentesche – con una prospettiva rudimentale – dipinto su pale di legno innalzato negli altari come simbolo di sacrificio per la salvezza dell’uomo; lo abbiamo visto grondante di iperrealismo cinematografico nel film di Mel Gibson; lo abbiamo visto da vicino a Matera, con Pasolini nel 1964, messo in salvo dai genitori quando era bambino, dalla strage degli innocenti di Erode. L’immagine di Aylan rimarrà impressa per un po’, poi, con il passare del tempo, sarà un ricordo assemblato ad altre, con un immaginario nastro adesivo di coscienza. Quel nastro sarà tenace, neanche il mare lo potrà sciogliere. L’immagine di quel dolore sarà unita a migliaia di altre e sovrapposta a loro, come un continuo oscillare delle onde del mare sulla battigia. Le lacrime sono salate. Come il mare, per l’Uomo.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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