È capitato ancora. Ad Arezzo una bimba di 18 mesi è morta perché dimenticata nell’auto per 5 ore.
Quella mamma stamattina è uscita di casa con il più classico dei compiti affidati a un genitore: accompagnare la figlia all’asilo nido prima di proseguire per il posto di lavoro. Nulla lasciava presagire ciò che sarebbe accaduto. In macchina la piccola viene sistemata sul seggiolone nel sedile posteriore, dopo qualche minuto sicuramente si addormenta e la mamma si scorda di lei. Quale genitore irresponsabile può dimenticare la propria figlia in auto? Noi lettori abbiamo scorso inorriditi la notizia, le coscienze hanno avuto un sussulto.
Eccola lì, materializzata davanti agli occhi, la più temibile delle eventualità, la più umana delle possibilità, la più minacciosa delle evenienze. È quella che marchia a fuoco e che sbatte addosso le responsabilità, non certo la debolezza di NON essere infallibili. Per placare il guizzo dell’anima è necessario provare orrore, ribrezzo e senso di repulsione per quella mamma snaturata. Ed ecco che, per far pace con la nostra interiorità, prendiamo le distanze: a noi una simile disattenzione non accadrà mai. Siamo troppo accorti, i nostri figli sono il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera.
Eppure io vorrei conoscere quale, fra tutte le mamme perfettine e organizzate che nei loro interminabili giri, pensando a come incastrare nella pianificazione della mattinata la fila all’ufficio postale, in banca e al supermercato, con il bambino nel sedile di dietro che sonnecchia silenzioso, non abbia neanche per un secondo dimenticato che il pargolo è lì. Facile seppellire sotto cumuli di autoindulgenza le sviste personali e seminare approssimative cognizioni di pedagogia e saggezza in giro per il mondo. Quella mamma verrà ovviamente indagata per abbandono di minore, ma più che fornirle alla magistratura, dovrà fornirle alla sua coscienza le giustificazioni per quella sbadataggine, perché sarà lei a svolgere l’indagine più minuziosa. Quella che la tormenterà per tutta la vita, la stessa che nemmeno a distanza di anni cesserà di far sentire la sua eco.
Però se accade che alla fine di una lunga giornata di lavoro, quando un figlio chiede al papà o alla mamma di giocare con lui e un “No, siamo stanchi. Guarda un po’ di TV!” riecheggia nella stanza, non viene da pensare che l’abbandono di minore talvolta si mimetizza perfettamente nella bonarietà di un genitore disteso sul divano? Ma il bimbo resta in vita, quindi nulla di grave. Pertanto ci sentiamo autorizzati a riempirci le mani di pietre per procedere alla lapidazione della mamma di Arezzo. Facendo finta che non s’incaricherà il rimorso di ammazzare quella donna a sassate, da oggi in poi.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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