Gentilissima signora, Lei è la madre di un ragazzo disabile che vive in un paese del nuorese. Non la conosco personalmente ma ho letto quello che è stato scritto oggi, sulla Nuova Sardegna. Ho saputo che dei minori (dall’eta compresa tra i 14 e i 17 anni) hanno deriso suo figlio disabile e, addirittura, gli hanno lanciato delle pietre. Lo hanno, insomma, ferito nella diginità. Lei, da madre e da donna, ha provato a spiegare a quei ragazzi che suo figlio – come tutti i figli, per carità – è come un bicchiere di cristallo: bellissimo e fragilissimo. Ha provato a chiedere rispetto e li ha invitati – gesto di una bellezza infinita – a cercare un dialogo tra pari: “parlatevi e guardatevi negli occhi. Mio figlio, con i suoi difetti, è un ragazzo spiritoso. E meraviglioso”. E’ vero signora. Verissimo. Però, a questo punto dobbiamo chiederci una cosa semplice semplice: i ragazzini non sono “delinquenti” per scelta, non sono cafoni e insensibili in base al DNA. Quei ragazzi, come tutti i ragazzi, costruiscono i loro gesti in base a quello che vedono, sublimano, assorbono e il mondo degli “adulti” è un palcoscenico che non si può dimenticare. I ragazzi hanno genitori, magari sorelle e fratelli più grandi di loro, hanno cugini, zii, qualcuno che ha segnato – nel bene e nel male – la curva della loro fragile esistenza. Era a loro che lei, carissima signora, doveva rivolgersi. Era a quel mondo distratto e impoverito, ingrugnito e incattivito; quel mondo dove non c’è più tempo per ascoltare i propri figli, per osservare quello che stanno facendo o, in molti casi, quello che non stanno facendo. Quel mondo di adulti che ragionano ormai con la pancia e non hanno nessun momento di riflessione. Quel mondo dove gli altri hanno torto, gli altri devono pagare, gli altri non fanno parte della comunità. Un mondo costruito sull’odio e l’indifferenza dove i ragazzini che hanno deriso suo figlio ci sguazzano quotidianamente. Mi chiedo – e me lo chiedo da tempo – quanto ci vorrà ancora per comprendere che il mondo dei piccoli attinge dal mondo dei grandi, che il rispetto per gli altri è un valore che va insegnato fin dalla scuola materna. Vede, carissima signora, suo figlio nel mondo dei ragazzi è assolutamente normale ed identico agli altri. E’ nel mondo degli adulti che le cose cambiano. E’ nel mondo degli adulti che si notano le differenze, i colori della pelle, gli accenti diversi. I ragazzini hanno sbagliato, certo. Però la strada che percorrono è quella tracciata dagli adulti che conoscono e frequentano, genitori compresi. Lei, cara signora ha detto una cosa infinitamente grande: accettate mio figlio con i suoi difetti e così sarete tutti accettati. Auguro a suo figlio di poter partecipare alle gare internazionali di Special Olympics. E’ un ragazzo solare che sarà in campo per il gusto di provarci. Non è obbligatorio e necessario vincere. Lui ha già vinto grazie ad una madre ed un padre che gli hanno insegnato il rispetto, la gioia di esserci e la voglia di continuare a sperare. Gli altri, quelli che lo hanno sbeffeggiato, insieme ai loro genitori non possono neppure partecipare ad una gara sportiva e difficilmente riusciranno ad affrontare a testa alta anche la vita se non riusciranno, come suggerisce lei, a guardare negli occhi la persona che hanno davanti e non riusciranno a comprendere che la bellezza non è semplice esteriorità ma la bellezza, quella vera, è nascosta nella fragilità quotidiana. Grazie signora del suo coraggio e del suo amore. Qualcuno, spero, saprà farne tesoro e voglio immaginare che i ragazzini che hanno deriso suo figlio, insieme ai loro genitori, saranno presenti il 5 maggio a Cagliari ad incitare quel ragazzo che coltiva il sogno di vincere le Special Olympics. Sarebbe questa la vera vittoria.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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