Ritorniamo al divano, alle canzoni, gli sbadigli, le risate e le perplessità, le discese ardite e le risalite, la voglia di comprendere e di lasciarsi andare, i vecchi ritornelli e le nuove sonorità. Questo è Sanremo, piaccia o no. E inutile far finta che non esista, costruirsi altre vie di uscita, raccontare a tutti di essere superiori, oltre le canzonette, stare sulla nuvola con Joyce e Schopenhauer, raccontare con disinvoltura e noia l’insostenibile pesantezza del festival, perché prima o poi Sanremo bussa a tutte le porte e anche se non aprite riuscirà, prima o poi, ad entrare dalla finestra. Mettetevi comodi e provate a farvene una ragione: è un rito annuale, una ricorrenza, come Natale e Capodanno, una iattura, qualcosa con la quale occorre fare i conti. Che Sanremo ci aspetta in un anno dove tutto è cambiato, una guerra più vicina delle altre ci sovrasta, un governo di destra destra determina molti passaggi, una crisi energetica detta l’agenda mondiale e dove anche la musica internazionale si interroga su quale strada intraprendere? Sanremo è Sanremo e cammina leggero sulle pesantezze del mondo. Prova soltanto a graffiare la storia, produce piccole vibrazioni e ritornelli buoni per passare il tempo, non per modificarlo. Il passaggio fondamentale è proprio questo: non prendersi troppo sul serio, provare ad ascoltare la musica e le parole e tentare di fare spallucce sui passaggi che non convincono. Non dobbiamo amare Sanremo e neppure idolatrarlo. Paradossalmente, senza troppi proclami, possiamo solo ascoltarlo. Se non ci riesce nessuna punizione. Sanremo è anche il diritto di non seguirlo e citarlo. Io, di mio, come ogni anno da molti lustri, lo seguirò per il gusto di farlo e perché anche la banalità, la semplicità, la sciocchezza, la leggerezza e la stupidità sono fondamentali per sopravvivere. Siete avvisati: dal mio divano darò i voti e farò le mie previsioni. Solo e soltanto per il gusto di farlo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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