La CELLA N° 21 esiste, molto probabilmente, in tutte le carceri italiane. Tant’è che fra Buoncammino a Cagliari e San Sebastiano a Sassari, a Bainzu Piliu toccò vistarne due, simili e diverse, per un lungo periodo, ben più lungo di quanto le sue colpe (ammesso che di colpe si possa parlare) potessero lasciare immaginare. La pena che gli venne inflitta infatti, superò addirittura quelle che solitamente vengono comminate a chi è reo di omicidio colposo o reati simili.
Bainzu fu infatti punito in quanto ritenuto, secondo l’allora Pubblico Ministero W. Basilone che chiedeva una pena di ben 17 anni , “ideatore e capo di un movimento eversivo che cospirava contro lo Stato”, adducendo a questa richiesta una serie di argomentazioni indiziali (non prove) che a leggere gli incartamenti lasciarono e lasciano tuttora molti seri e gravosi interrogativi sui modi e le dinamiche di indagine e accusa del nostro sistema giudiziario. Gli anni alla fine diventarono 4 e, come dicevo, sono più di quanto solitamente si commina per un “omicidio colposo“. Ma sulla vicenda processuale, puntuale e ricco di spunti di riflessione, proporrei quella di Federico Francioni, presente ieri pomeriggio a Sassari a Il Vecchio Mulino.
Dove una sala gremita ed attenta ha accolto l’anziano Professore di Chimica e la presentazione del libro sulla sua a dir poco romanzabile vicenda, illustrata dallo stesso protagonista, coadiuvato nel compito dal Prof. F. Francioni (Docente di Storia e Filosofia), da una bravissima Maria Antonietta Azzu e moderata Giovanni Salis (Consigliere Comunale di Ploaghe). Vicende che ebbi modo di vivere da vicino in quegli anni (fra il 1979 ed il 1982, anno del processo), in quanto iscritto al Partidu Indipendentista Sotzialista e Libertariu creato dal Prof. Piliu, uomo che ammiravo ed ammiro proprio per le sue qualità di “non leader”, come ho avuto modo di ribadire in mio breve intervento a fine serata, di “subcomandante” fra i più pacifici e determinati che, nella variegata sfera dell’indipendentismo e dell’autodeterminazione Sardista, abbia mai avuto modo di incontrare e frequentare.
Una serata che ha offerto riflessioni toccanti, mai banali, dove gli interventi dei relatori e anche di molti del pubblico presente, hanno posto l’accento sullo status, da allora ad oggi, di questa galassia ancora tutta da districare della nostra Identità e Dignità di sardi. Una storia particolare ma non singolare, visto che più recentemente un’altra vicenda, simile nei contorni e nelle “ragioni” e/o “torti”, vede oggi coinvolto il ferroviere ( o forse dovrei dire ex, perché tuttora ingiustamente sospeso, cacciato dalla sua occupazione di Capo Stazione) Bruno Bellomonte, quella a dir poco vergognosa “Operazione “ARCADIA” che ben tre gradi di processo si pensava avessero definitivamente chiuso, invece no, l’accanimento continua. Riflessioni su come, parti di quello Stato che si considera “intaccato e attaccato” da una qualsiasi idea di indipendenza e di autogoverno si possa e si voglia esprimere, reagiscano di fronte a chi quell’indipendenza, sancita da più di uno dei vari accordi e trattati internazionali che la garantiscono come “legittima”, cerca di esprimere e ricercare con mezzi politici, civili e pacifici, rendendolo un criminale agli occhi della pubblica opinione e per farlo utiliza metodi e sistemi che di legale, di giustificabile nulla presentano se non profonda arroganza e dispotismo. Un atteggiamento che, stranamente, non si presenta nei confronti di altre forze politiche dello stivale che, sia verbalmente che nell’azione politica, riescono a fare di molto peggio, la Lega Nord ne è l’esempio più lampante, con i suoi continui ed evidenti “vilipendi” ed offese a quello che, certe Magistratura e apparati giudiziari, dicono di volere preservare e difendere, il Potere Costituito.
Oltre tre ore scorse molto intensamente, alla fine delle quali è apparsa chiara ed inequivocabile la necessità di proseguire e possibilmente ampliare la discussione sull’indipendentismo e sulla Dignità negata alla comunità isolana della Sardegna, di ricercare forme nuove di comunicazione e di azione, inutile dirlo, “non violenta” ma “decisa“, ferma e determinate, ma di azione, atto necessario per qualsiasi Rivoluzione che, come bene ha semplificato ieri Bainzu, non è tale se il cambiamento che propone non è totale, definitivo.
Il punto resta quello solito, classico direi, di “quale rivoluzione” vogliano realmente farsi carico i sardi? Di quali responsabilità e fatiche, di quali privazioni siano disposti a farsi carico per conquistare uno status differente, meno succube e subalterno a leggi ed imposizioni i cui risultati sono l’attuale condizione della nostra regione nel contesto italico: una devastazione pressoché totale su tutti i fronti, da quello sociale a quello culturale che le forze politiche attuali cercano, ancora una volta, di sistemare apponendo pezze spesso peggiori della falla, utilizzando sistemi e metodi obsoleti, imposti, che nulla hanno a che vedere con le vere e purtroppo residue possibilità, capacità ed aspirazioni di un Popolo e di una Terra che, solo sino a pochi decenni fa, bastava a se stessa e ne avanzava pure per molti altri.
Un cammino lunghissimo? Dipende da noi. Importante è però sapere che che chi, come Bainzu Piliu, ha pagato sulla propria pelle le proprie convinzioni e desideri legittimi come “sovversivi” abbia ancora, oggi più di ieri, voglia di ribadirle ed affermarle. Che quello che lo faceva convinto ieri lo convinca ancor di più oggi e cominci a convincere sempre di più molti altri sardi, con l’auspicio che si riesca, ancora una volta come da troppo tempo non accade, ad essere finalmente artefici del proprio passato, presente e futuro e non che si continui a farselo dire e dettare o imporre da altri. L’Italia non ha dimostrato alla Sardegna nessuna benevolenza, nessuna amicizia, nessuna integrazione e vera parità, mai, ma ci ha sempre trattati da servi-muti che si sono dovuti privare della loro dignità e del loro territorio, della loro salute e del loro paesaggio a favore dei vari interessi di turno che mai hanno combaciato con quelle aspirazioni e quelle prerogative, legittime, di un popolo il cui territorio è una tanca sempre più piccola, inquinata e sporca, il cui mare è diventato un acquario, delimitato e ristretto, dove i pesci non bevono, ma sono imbevuti.
A menzus bidere!
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design