Io l’assenza dei massimi rappresentanti del Governo all’arrivo in Italia della salma di Antonio Megalizzi la considero un atto d’onestà intellettuale, contrariamente a quanto pensano tanti altri. Come sapete, a Ciampino le Istituzioni erano rappresentate dal Capo dello Stato e dal ministro per i Rapporti con il Parlamento. Non c’erano Conte, né Di Maio e Salvini, il che ha suscitato indignazione e rabbia. Megalizzi era un giovane italiano cui la vita è stata tolta dalla follia di un terrorista, perciò una presenza qualificata del Governo sarebbe apparsa doverosa. Altri hanno considerato queste polemiche un atto di sciacallaggio verso il governo, dacché Salvini pare fosse impegnato in una conferenza e Di Maio nella sua attività parlamentare. Megalizzi era però un giornalista. E un giornalista che raccontava di quanto l’Unione Europea e la cooperazione tra Stati sia cosa buona e giusta.
Sappiamo tutti che interpretare un ruolo istituzionale presuppone l’andare oltre opinioni, gusti e attitudini personali. Il ministro rappresenta lo Stato, non se stesso. Ma sappiamo anche che questa distinzione non funziona più. Ci sono ministri la cui comunicazione consiste quasi esclusivamente negli slogan di una campagna elettorale perenne, oppure nelle foto di ciò che hanno mangiato a colazione o cena il giorno prima, oppure ancora nei commenti da Gazzetta dello sport seguiti alle loro apparizioni allo stadio, magari abbracciati a pregiudicati.
Non c’è più distinzione tra uomo e garante delle Istituzioni. Perciò, non vedo cosa potessero avere in comune Antonio Megalizzi e Matteo Salvini. L’uno europeista convinto, l’altro convinto che l’Europa sia uno dei tanti nemici che si frappongono tra l’uomo e la felicità. E non so cosa potessero avere in comune Antonio Megalizzi e Luigi Di Maio. Megalizzi era un giornalista e sappiamo cosa pensi Di Maio della categoria dei giornalisti. Le presenze dei due ministri più influenti, all’arrivo della salma, sarebbero state solo di circostanza. Sì, è vero che un uomo delle Istituzioni dovrebbe guardare al connazionale brutalmente ucciso in un attentato e non alle sue convinzioni e attitudini. Ma questi non sono tempi di uomini, sono tempi di divise. E per la divisa di un altro colore non c’è scampo né pietà.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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