Ho provato a contare i giocatori di colore della Francia o del Belgio: Mbappe, Pogba, Varane, Kante, Lukaku, Kompany, Chadli, ma sono solo quelli che mi vengono in mente. I mondiali di calcio li si può vedere solo come uno spettacolo di giovanotti in mutande che inseguono un pallone e si prendono a botte. Oppure, si può provare a ragionare di come, dentro quel rettangolo tappezzato di verde, i conflitti razziali non esistano e bianchi, gialli e neri, di diverse religioni e culture, convivano senza conflitti, salvo la sportivissima contesa del pallone. Si confrontano da uomini. I loro luoghi di nascita, le loro storie pregresse e tutto il resto non contano, conta solo chi corre di più e chi meglio sa accarezzare o picchiare un pallone, nel rispetto delle regole condivise. Un campo da calcio è un luogo di convivenza e integrazione, che forse avrebbe molto da insegnare a tutto il mondo, oltre le tribune. So già che molti di voi stanno pensando che quel che ho scritto non c’entra nulla con il problema dei migranti, perché questi immigrati guadagnano fiori di soldi, viaggiano su macchine di lusso e vivono in ville principesche. Se guardate alla storia personale di molti di loro, capirete che sono stati in passato non più di quanto siano oggi certi migranti disperati. Penso alla storia del bomber belga Romelu Lukaku, cui la mamma dava latte allungato con acqua, non avendone abbastanza da dividere tra i fratelli. Penso a Donsah, nazionale ghanese con un passato nel Cagliari, arrivato a quindici anni in Italia su un barcone. Cosa ha fatto la differenza tra loro e gli altri? Il fatto che sapessero calciare bene un pallone. Quelli l’industria del calcio non se li lascia sfuggire e il problema della loro provenienza non si pone e, se si pone, lo si aggira anche facendo carte false. Il calcio non è solo un mondo di integrazione. Serve a dimostrare quanto esile sia il diaframma tra un destino e un altro, ma pure quanto stupido possa essere il pregiudizio, che degrada e svanisce a seconda di quanto bravo tu sia a calciare un pallone.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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