Leggetevi un qualunque programma elettorale, di un qualunque partito, di una qualsiasi città: troverete sempre un accenno alle politiche per i giovani, il lavoro per i giovani, i centro sociali per i giovani, la formazione per i giovani. Per i vecchi no, manco una riga, a meno che non siano nascosti tra i lavori pubblici per la costruzione di una casa di riposo. I vecchi non hanno futuro e non si concede loro manco un presente, se non uno scivolo silenzioso verso l’ultimo respiro o gli onori di un trasporto confortevole, quando c’è da accompagnarli dentro la cabina elettorale. Qualche giorno fa sono stato a trovare una parente ricoverata da qualche mese in una casa di riposo. Non era ancora mezzogiorno, la giornata invernale era tersa e la esterna temperatura mite, considerato il periodo. Ho trovato la mia parente seduta al centro dell’ampio soggiorno dell’ospizio, avvolta in una pesante coperta di lana, con una borsa termica tra le mani. Accanto a lei, accomodati sulle poltrone allineate, una mezza dozzina di altri ospiti della casa, anche loro vestiti come alpinisti e infagottati in plaid da cui sporgevano solo le teste. Erano intirizziti dal freddo e con un filo di voce mi hanno raccontato che il riscaldamento, nella casa di riposo, viene acceso per un massimo di cinque ore al giorno: tre al mattino, dalle sei alle nove, due alla sera. Queste le disposizioni della cooperativa che gestisce l’ospizio, confermate con le comprensibili reticenze dalle dipendenti che ho consultato. Gli anziani sono dunque costretti a sopportare temperature rigide per tutta la giornata, un clima artico leggermente attenuato da una vecchia stufa a legna che funziona a singhiozzo. La mattina della mia visita, di fronte alle proteste degli ospiti, ho visto io con i miei occhi il penoso tentativo di accendere la stufa, nonostante la mancanza di legna da ardere: il personale ha mandato in pezzi una cassetta di legno da frutta e con le assicelle si è tentato di accendere un focherello. Sono andato via che il tentativo era ancora in corso e non so se poi sia stato coronato da successo. Non mi va di dire luogo e di fare il nome dei gestori, né dell’amministrazione proprietaria dell’ospizio: non mi va di additare responsabili, di cercare colpevoli da mettere alla gogna. Ho parlato col sindaco della situazione. La conosce, sinceramente mortificato mi ha raccontato di aver più volte avvertito la società e di essere in procinto di assumere provvedimenti. Io mi chiedo solo che razza di società stiamo costruendo, se nei giorni di Natale si lasciano morire di freddo dei vecchi inermi.
P.s. Proprio mentre scrivevo queste righe, sono stato avvertito che oggi i riscaldamenti all’ospizio sono rimasti accesi per tutta la giornata. E allora riformulo la chiusa del pezzo: che razza di società stiamo costruendo, se della dignità di vecchi inermi ci si ricorda solo dopo avvertimenti e minacce?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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