La notizia è di un mese fa, quindi non è più una notizia: la Marina Militare ha presentato un progetto per dei lavori sull’Isola di Santo Stefano, nel Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena: adattare un pontile per consentire l’attracco delle navi della Classe Cavour, in particolare della portaerei omonima. Il pontile in questione verrà abbassato e ampliato.
La notizia ha scatenato un breve e nervoso dibattito, precocemente diluito da altre cronache ferragostane.
Però è servita a far tornare a galla antichi quesiti tuttora irrisolti; quesiti sul destino militare di La Maddalena, la necessità di ricadute economiche, l’impatto ambientale, la differente attenzione ricevuta da istanze nazionali e istanze locali, in barba ai principi di sussidiarietà, pari dignità e leale collaborazione tra istituzioni della Repubblica.
Provo a fare un po’ di ordine tra le questioni. Innanzitutto La Maddalena è una base militare, la difesa nazionale non è uno scherzo, e adeguare un pontile all’arrivo di una portaerei rientra sicuramente tra le cose “normali”. Allo stesso tempo è vero che un aumentato traffico navale dovrebbe, in teoria, muovere di qualche punto l’economia locale in termini di indotto. La Cavour e le altre navi interessate hanno equipaggi composti da centinaia di militari. Il passaggio o la sosta lunga di queste unità, se di questo si tratta, ha sicuramente delle ricadute immediate in positivo, se non altro sul commercio al dettaglio. I lavori di adeguamento del pontile (che tra l’altro non sono una novità, essendo addirittura previsti tra gli interventi secondari programmati in occasione del mancato G8 del 2009), potrebbero creare lavoro per alcune ditte locali.
Però è anche vero che lo scopo dei lavori è consentire lo sbarco e l’imbarco di materiale tra la nave e l’isola di Santo Stefano, a bordo di grossi camion. Così come è vero che a pochi metri dal pontile esiste il più grande deposito sotterraneo di armi della Marina Militare Italiana. Siamo almeno autorizzati a chiederci, ancora una volta, che tipo di armi ci sono in quel deposito e che fine fanno. Le cronache degli anni passati, ogni volta che dei TIR sono arrivati vuoti e sono partiti pieni, ci hanno raccontato di forniture a favore dei ribelli anti-Gheddafi o anti-Assad, il che vorrebbe dire, più o meno, ISIS. Poi possiamo chiederci se e in che modo una vocazione militare così espressamente realizzata, possa fare da freno alla nascita di un’economia turistica che a La Maddalena sembra sempre meno dinamica che altrove.
Sono solo domande di un cittadino, non sono giudizi, e io confesso di essere fortemente combattuto e confuso, in questo momento, e non so dire se l’arrivo della Cavour sia un bene o un male.
La Regione ha fatto sapere che non è d’accordo. Stato e Regione hanno in corso da tempo un lungo braccio di ferro sulle questioni militari, legato a questioni di principio ma funzionale alla contrattazione anche su alti temi. E in questo contrattare, Pigliaru sta esprimendo una politica molto più dignitosa di tanti suoi predecessori.
Chi invece dovrebbe riflettere prima di parlare sono tutti gli esponenti politici nazionali, per lo più di sinistra, che non hanno saputo difendere la riconversione economica dell’Arcipelago (prendendola molto sottogamba, per usare un eufemismo) e che adesso hanno pochi argomenti per spiegare ai tifosi delle stellette che l’economia militare è il male e il turismo è il bene. Anche io preferisco uno sviluppo legato al turismo, anche io vorrei vedere la mia Città sempre meno dipendente dal Ministero della Difesa, ma dopo la Cricca, lo scippo del G8, l’abbandono dei lavori promessi, lo sforzo solitario delle amministrazioni che hanno provato a salvare il salvabile, viene molto male anche a me dire “Cavour? No grazie”.
C’è però un aspetto rispetto al quale ho qualche punto fermo. Santo Stefano è Parco Nazionale e fa parte di una Zona di Protezione Speciale e di un Sito di Interesse Comunitario, e per questo motivo nel 2012 si è deciso di tagliarla fuori dal circuito delle navi da crociera, troppo grandi e pericolose, secondo il Decreto Clini, per entrare in un’area protetta. Secondo gli studi effettuati dalla stessa Marina Militare, l’impatto dell’opera potrebbe comportare la perdita definitiva di 780 mq di prateria di Posidonia oceanica e di un numero imprecisato (lo studio resta sul vago) di esemplari di Pinna nobilis, specie entrambe protette (molto protette!) ed entrambe presenti nell’area dell’intervento. Numeri ridicoli, per alcuni, se valutati alla luce di possibili vantaggi economici. Numeri abnormi se si considera che per molto meno sono state bloccate o rallentate opere civili sicuramente meno impattanti (portualità turistica pubblica e privata in primis).
Chi non fa una bella figura in tutta questa vicenda è il Ministero dell’Ambiente, rappresentato sul territorio da un Parco nazionale che sulla questione mi risulta silenzioso, troppo silenzioso. Ammesso che il Presidente, il Direttore o il Consiglio saranno chiamati ad esprimersi, dovranno dire qualcosa su quei 780 mq di Posidonia destinati a sparire e sulla valutazione troppo approssimativa dell’impatto sulla Pinna nobilis. Invece ho come il sospetto che la voce del Parco non si sentirà o si sentirà solo quella di qualche elemento isolato. Per qualcuno questo significherà “realpolitik”, nel senso che il Ministero dell’ambiente non si metterà certo a ostacolare i colleghi della Difesa. Per me sarà invece l’ennesimo esempio di come il Parco, così come è sempre stato, non abbia nessuna possibilità, nessuno strumento e forse nessuna vocazione per occuparsi dell’ambiente dell’Arcipelago. Di fronte alle due grandi voci dell’economia locale, Difesa e Turismo, il Parco è muto ed immobile, incapace di funzionare o di articolare un ragionamento che vada al di là di qualche comunicato sull’Orto di Garibaldi. Per il resto può succedere di tutto, anche che 780 mq di Posidonia più qualche decina di Pinna Nobilis spariscano per sempre dal mare che il Parco dovrebbe proteggere e non sa proteggere, esattamente come avviene ormai ogni estate, di fronte a un flusso di barche e ancore che il Parco non può evitare ma che nemmeno riesce a regolamentare.
Io, se il Consiglio Direttivo del Parco verrà chiamato ad esprimersi, voterò contro l’intervento a meno che non si trovi il modo di ridurne l’impatto. Ho il sospetto che Parco e Ministero, invece, si dichiareranno favorevoli oppure preferiranno restare furbescamente zitti.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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