C’è questo funerale del Novecento e invitano gli orfanelli a fare parte del corteo, tutti vestiti uguali, che devono fare le faccine compunte e invece gli scappa da ridere, poverini. Dice, vuoi venire? Non sei orfanello del Novecento, anche tu? Boh, quasi quasi, anche se le cerimonie non mi attirano molto. E mi metto a pensare a questa faccenda che ogni volta che apri bocca, dal referendum al fatto che Rocco Schiavone mi piace anche se si fa le canne, ti dicono che sei orfano del Novecento. E quindi è morto, il Novecento, se io ne sono orfano? Poveretto. Ci resto male, me lo dicono così, all’improvviso, invitandomi al funerale. Io c’ero affezionato al Novecento, me lo sono goduto per quasi una metà buona, la metà meno incasinata, ne ho qualche buon ricordo. E’ campato così poco, poi. Aveva ragione Hobsbawn, proprio breve come secolo. Non ha fatto in tempo a rifinire gli ultimi riccioli del Liberty che stava già cadendo il Muro di Berlino. E ripenso a lui, a cose e persone ormai sepolte, lontane da questo nuovo secolo che è tutto diverso. Penso a esempio a quella sinistra del Novecento così pervicace nelle sue divisioni e nel suo cupio dissolvi che ha preferito incoraggiare i grandi totalitarismi piuttosto che riunirsi e proseguire nella sua strada. Quanto diversa dalla sinistra, così unita e decisa, di questo secolo che provvisoriamente mi ospita. E poi era il secolo della società di massa. Figuriamoci, roba morta e sepolta insieme alla gara per il controllo dell’informazione e al guizzo finale con Internet. Tutti ricordi. E sembrano sogni di cose lontane lontane nel tempo, come diceva il novecentino Tenco, le guerre e i genocidi del Novecento, così anacronistici nella vita di questo secolo nuovo. Così come la mafia e le altre forme di criminalità organizzata, i mendicanti a ogni angolo che ti facevano fare i conti con la tua coscienza per il fatto che tu eri sicuro che all’ora di pranzo avresti pranzato. Tutta roba che non se ne vede più. E poi, ricordate?, era il secolo senza certezze, salvo quelle dei preti che ti dicevano come dovevi votare, era il secolo dei dubbi. Basterebbe questo a marcare il trapasso. Chi ha più dubbi e incertezze sul proprio futuro, nel Duemila? Chi era quello che parlava di “eterno ritorno”? Zarathustra, forse? Quello che diceva che il tempo non è lineare, che cammina e cammina si arriva sempre al punto dove la strada si incurva all’indietro? Sì era lui. Nietzsche, non dire stronzate. Cosa ci vedi che abbia sapore di passato in questo nostro splendido, promettente e così diverso Duemila?
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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