E finalmente ecco il grande giorno. Il novenove, ovvero il nove settembre, giorno in cui è fissata l’operazione. Alle 7,45 sono praticamente già pronta col camicino per la sala chirurgica. Quello che si allaccia sul retro che se non chiudete bene, il culo se la ride (e non solo lui, anche quelli che vi vedono). L’intervento è infatti previsto per le ore 8,00 e io ho già fatto la doccia, senza sapone per non togliere i disegni fatti il giorno prima dal chirurgo e poi con le ascelle depilate perché sempre il giorno prima, è passata l’addetta pilifera con la tosatrice.
Ecco che arriva l’infermiere a chiamarmi, così camminacammina ci dirigiamo assieme al blocco delle sale operatorie e qui saluto le ciabatte che andranno ad aspettarmi quiete nella mia stanzetta e monto sulla barella per fare l’ingresso trionfale in sala. Voglio applausi mentre mando baci con le mani. Ad accogliermi il calore del personale, con modi di fare gentili e scherzosi, io non vedevo l’ora di provare il trip dell’anestesia totale: ciao socio mì che la terra gira, posati. Non l’avevo mai provata, manco per la tonsillectomia, dove ricordo un infermiere che mi teneva immobilizzata mentre il chirurgo mi strappava la gola, diosmioquedolor.
Scambio due chiacchiere con la senologa già pronta con maschera e tutto (Ti conosco, mascherina), poi il solito rito per riuscire a trovar le mie venette che notoriamente hanno sempre fatto cucù, dopo due o tre buchi, finalmente si riesce e via ecco che parte la sedazione, ma io resisto eh, voglio vedere quanto riesco a durare sveglia, vedi che ressssss ronf ronf
Al risveglio eccomi lì, con un orologio sul muro che segna le 12,30. Ora anche se non sono una persona iperattiva, però quando mi sveglio in genere, mi alzo subito tipo molla, non mi piace stare ancora a letto perché sono sicura di ripiombare in un sonno profondo, quindi per non indurmi in tentazione, mi libero dal cuscino e subito colazione, giusto il tempo di far salire il caffè. E colazione dolce, anche quando da giovane mi alzavo a mezzogiorno, la colazione doveva essere dolce. L’unico inconveniente è che magari a quell’ora tua madre stava bruciando i peli del pollo sui fornelli, quindi sorseggiavi il tuo caffelatte con l’inconfondibile odore della cheratina strinata. Dicevo, anche al risveglio dall’anestesia (ne ho provate finora 5 e mercoledì me ne tocca un’altra, se non mi risveglio, verrò a darvi i numeri da giocare. Sbagliati!), faccio attipo molla e anzi a volte mi metto proprio a parlare con l’infermiere, dei massimi sistemi, accavallando le gambe per darmi un tono e per far capire che mica dormivo io, ho solo chiuso gli occhi un istante. Insomma sono le 12,30 e quindi la mia preoccupazione non è certo di chiedere com’è andata l’operazione (operazione?), ma “Ora posso fare colazione vero?”
Purtroppo anche se siete a digiuno dalla mezzanotte del giorno prima, niente, nessuna colazione. Fino all’indomani né acqua né cibo cari miei. In altri interventi che durano meno, puoi mangiare dopo qualche ora dal risveglio, ma evidentemente mi era stata data una dose utile per i pachidermidi, quindi stai quieta e attendi l’indomani. Certo c’è gente che è stata quaranta giorni senza mangiare e bere, ma anche per quella manciata di ore, pure voi vedrete il demonio che vi tenterà
«Se sei Figlio di Dio, di’ che queste flebo diventino pane» (Matteo 4,3)
Una volta che dimostro di essere vigile e ben orientata, mi riaccompagnano con la barella nella stanza dove ad attendermi ci sono le mie fide ciabatte. Una volta accostata la barella al letto, devo sgusciare sul mio materasso senza far forza sulle braccia ma col movimento bacino-piedi-tronco e di nuovo bacino-piedi-tronco. Già, le braccine ve le dovete scordare per diversi giorni, perché non dovete forzarle, ricordatevelo quando dovrete alzarvi ogni volta dal letto, contraete gli addominali sopiti, colpo di reni et voilà, siete ancora sdraiati perché gli addominali dormono ancora. Comunque per qualche ora non mettetevi il problema, solo quando verrà l’infermiera a rivestirvi dalle mutande in poi allora si potranno fare quattro passetti fino al wc ma oltre, no. Non varcate quella soglia!
Una volta che sono ben infilata a letto, i parenti possono rientrare, così vedo il mio socio di vita che pare fosse preoccupato perché non pensava che una mastectomia potesse durare tante ore Cosa vorresti dire, che ho il seno piccolo e bastava lo snocciolatore delle olive?
Ci sono anche i parenti della compagna di stanza che ancora non conosco perché mentre io arrivavo in camera, lei era sotto i ferri. Sono i genitori e il fidanzato, quest’ultimo mi dice: “Quando ti ho vista così sorridente, non credevo che stessi uscendo dalla sala operatoria”
Ehi bello, il mio pusher è differente.
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design