Tralascerò volutamente i fatti di oggi. C’è un metodo semplice per dimostrare la xenofobia di Matteo Salvini: mettere a confronto le sue reazioni di fronte ad un fatto di cronaca di pari gravità. Esaminando la sua bacheca Facebook, risulta evidente che un omicidio è per lui degno di essere commentato solo se commesso da un immigrato. Se invece a bagnarsi le mani di sangue è un italiano che aveva sempre pagato le tasse, allora conviene sorvolare. In questa rappresentazione del mondo la morte violenta non è grave di per sé, ma lo diventa a seconda della provenienza di chi l’ha causata. Molti di voi sosterranno che sto scrivendo cose ovvie ma, vedete, non è proprio così: in questo rovesciamento del buon senso e nell’attuale perdita dell’essenza della parole, Salvini può continuare a ripetere che si scambia per razzismo la sua difesa dei valori identitari e del buon senso, posizione peraltro ampiamente sostenuta dai suoi seguaci. Dunque, inoltriamoci nella bacheca di Salvini. L’ultimo post è quello in cui definisce “VERME” il presunto assassino nigeriano della diciottenne uccisa a Macerata, io cui cadavere è stato fatto a pezzi. Salvini si chiede cosa ci facesse in Italia l’africano e dà della razzista alla Boldrini che, con la sua tolleranza, metterebbe a rischio gli italiani, esponendoli a questa minaccia. Un cliché ormai collaudato. Mi sono ricordato che il 14 agosto dell’anno scorso, nell’elegante quartiere Parioli di Roma, un certo Maurizio Diotallevi aveva ammazzato la sorella Nicoletta, sezionandone il cadavere con una sega elettrica e poi buttandolo in due diversi cassonetti, dove venne trovato due giorni dopo da una nomade rumena. Sono andato a ritroso per vedere se, in quei giorni, Salvini avesse commentato l’episodio, pieno com’è di soluzioni a buon mercato per salvare l’Italia. È stato un lavoraccio, perché il segretario della Lega scrive con una frequenza impressionante (ma non a casaccio: la strategia di comunicazione prevede, ogni due post contro gli immigrati, un post con tenere foto di bambini, un altro con tenere foto di animali domestici e uno in cui decanta le virtù del made in Italy e schifa le produzioni estere). Ecco, sulla povera Nicoletta Diotallevi, uccisa e fatta a pezzi dall’italianissimo fratello, Salvini non ha avuto nulla da dire, essendo in quei giorni impegnato negli incontri col suo popolo, a Ponte di Legno. Nessun post sulla sua bacheca parla di questo delitto che, evidentemente, può essere derubricato alla follia di una persona mentalmente instabile e magari merita solo un rispettoso silenzio. A meno che l’omicida non sia un nero e, a quel punto, un morto ammazzato diventa fatto politico. Se proprio devono ammazzare, almeno che siano italiani.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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