In uno dei suoi capolavori dal titolo “Il diario di Gino Cornabò”, Achille Campanile parla della visita a Roma nel 1939 (il libro fu pubblicato poco dopo) del premier britannico Chamberlain. Si era alla vigilia della guerra, Campanile, in un en passant apparentemente scontato ma in realtà coraggiosamente frondista, perché sapeva che Mussolini voleva quella guerra, descrive l’entusiasmo popolare per questo inglese che, tentando di accordarsi con il duce, portava la speranza della pace. La zampata umoristica dell’episodio in questione consiste nel fatto che centinaia di migliaia di italiani entusiasti erano interessati, più che ai colloqui di pace, all’ombrello che Chamberlain portava con sé da un luogo all’altro: questo oggetto, divenuto uno dei simboli-feticcio di Monaco ma soprattutto della visione popolare che in Italia si aveva dei figli di Albione – bombetta e ombrello da impiegato della city – suscitava maggiore impatto mediatico delle riunioni politiche internazionali. Ho pensato poco fa a questo romanzo che devo avere letto da ragazzo e poi non più, imbattendomi nella notizia del conducente di autobus che si tirava un raspone mentre guidava e contemporaneamente si riprendeva con il cellulare, scoperto perché il video, nella fretta, anziché a un amico, lo ha spedito a una chat di colleghi. Mentre il resto della home page era coperto dalle notizie sulla guerra, persino con titoli allarmanti su una possibile involuzione nucleare, io mi sono soffermato sull’autista segaiolo, con la mente brulicante di domande. Ma come avrà fatto? Se una mano era occupata a riprendersi e l’altra intenta al lavoro di falegnameria, con che cosa teneva lo sterzo? Inoltre: lui sostiene che il dettaglio autocelebrativo ripreso non gli apparteneva, mentre gli accusatori sostengono che la proprietà dell’oggetto è riconoscibilissimo. Perché? Forse un tatuaggio sulla cima? O una singolare forma del batacchio di cui tutti i colleghi erano a parte? Curioso – ho riflettuto – io, seppure ne avessero, non sarei mai al corrente di tatuaggi o altri segnali identitari che distinguano le vergogne dei miei colleghi. Ecco, è come l’ombrello di Chamberlain: fa parte del nostro inconscio cercare di sfuggire alla visione delle catastrofi e se c’è da ridere un po’, tanto meglio.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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