di Fiorenzo Caterini
Verso la fine degli anni ’80, in Sardegna fu promulgata una legge (L.R.n.9/88) che si proponeva di risolvere i problemi umanitari dei campi nomadi. La promulgazione di quella legge, chiamata “Tiziana” dal nome di quella creatura, fu resa possibile dall’ondata di compassione dovuta alla morte per broncopolmonite di una bambina in un campo Rom.
Oggi, nel 2015, si esulta alla morte per folgorazione per una bambina Rom di due anni.
Oggi non ci sarebbe nessuna pietà per quella bambina ed anzi, sarcasmo e cinismo.
Cosa è successo in questi anni? Cosa è successo nel cuore degli uomini per aver mutato così i loro sentimenti? Com’è stato possibile trasformare il naturale sentimento di pietà degli esseri umani nei confronti dei cuccioli della propria specie nel più totale cinismo, perdita di valori e di affettività?
Eppure i nomadi di allora erano gli stessi di oggi, né più né meno.
Loro non sono cambiati, siamo cambiati noi.
Intanto ci sarebbe da capire se è un fenomeno solo italiano oppure generalizzato. A giudicare dalla risate registrate dei soldati israeliani o americani quando trucidano bambini e civili negli scenari di guerra, verrebbe da pensare che è una barbarie generalizzata.
E tuttavia vi è una specificità italiana, una violenza che ha montato progressivamente e che negli ultimi anni si è incistita su quella naturale affettività e compassione tipicamente mediterranea, derivata, verosimilmente, da quel clima familiare protettivo tanto discusso e, spesso, considerato diseducativo.
Paradossalmente si assiste, in paesi nordici, considerati socialmente “freddi” e di lunga tradizione coloniale, ad uno sforzo politico e culturale, spesso solo di facciata, è vero, ma comunque tendente ad una educazione sociale, per comprimere la tendenza dell’uomo alla diffidenza nei confronti del diverso.
In Italia è successo esattamente l’opposto. C’è stata negli ultimi anni una violenta offensiva, una incultura politica che ha completamente sdoganato la violenza e il razzismo, soprattutto nei confronti degli immigrati e delle etnie diverse.
E’ la dimostrazione che la cultura politica, l’egemonia esercitata dalle classi che stanno al potere, scomodando Gramsci, producono degli effetti nella società. C’è un perverso meccanismo di andata e ritorno dalla società alla politica e viceversa, una bizzarra gara alla violenza e al cinismo, di cui ancora non se ne vede la fine.
Uno dei casi paradossali, di come questa incultura stia lentamente camminando diventando ormai consuetudine, è l’intervista che il TG1, TV di Stato, ha concesso a quella giovane criminologa di bella presenza, in occasione dell’omicidio di Orune.
In quella circostanza, la giovane belloccia ha snocciolato una sequela incredibile di banalità, citando, tra le altre cose, “cause biologiche” e persino Lombroso, lo scienziato che pensava, ai primi del novecento, che vi fosse una correlazione tra l’aspetto fisico e la propensione alla delinquenza, alimentando una teoria che vedeva nei sardi dell’interno una naturale vocazione al banditismo.
Un balzo all’indietro nella scienza proveniente da una rampolla dell’accademia, che mi ha fatto trasalire. Mi è sembrato di tornare indietro all’epoca del razzismo biologico, negli anni del nazismo, dell’arianesimo e di tante altre sciocchezze che la scienza ha smentito ormai da mezzo secolo.
Poi ci sono network a grande diffusione che, a quanto pare, pagano persone per recitare la parte dei Rom che rubano o truffano. Perché?
L’odio che è stato stoltamente insufflato dalla classe egemone al potere ha lo scopo di governare, all’interno di un clima di confusione, la fase di crisi economica del nostro tempo. Individuare negli immigrati e negli “zingari” il nemico comune della società ha sortito il suo effetto, un po’ come fece Hitler con gli ebrei, di spostare l’attenzione dai veri processi di accorpamento e sfruttamento sociale, a degli specchietti per le allodole.
Inutile rilevare che il più importante partito di destra attualmente esistente ha come quasi unico punto del suo programma l’odio verso immigrati ed etnie diverse. Una sorta di ossessione, di disco incantato, per cui qualunque cosa si parli all’ordine del giorno, questi escono fuori con immigrati e nomadi. Senza nessuno scrupolo e vergogna della propria miseria culturale e morale.
Ma forse c’è dell’altro, e non tutto è derivato dalla spregiudicatezza politica di chi vuole dividere per imperare meglio. Forse vi è una disumanizzazione generalizzata, una perdita di valori umani ormai ampiamente dibattuta, da Karl Polany in poi, ma che sta raggiungendo profondità delle coscienze e dell’animo umano inimmaginabili prima.
Il mercato, il consumismo, il materialismo, sta trasformando gli uomini in gusci vuoti, in mostri senza pietà, in automi da tastiera e da traffico urbano. L’odio si espande come macchia d’olio, come fissione nucleare, finendo per travolgere il senso comune e disinnescare la censura che qualunque comunità civile attiva per proteggersi dalla disgregazione.
L’odio verso i poveri e gli emarginati è la conseguenza di un parametro del valore assoluto, quello che vede nella ricchezza materiale l’unico motivo di civiltà, di gratitudine morale, di ambizione.
Una concezione pervasiva del disvalore che sta uccidendo una componente costitutiva della società.
Le società senza pietà e sentimenti sono destinate alla catastrofe, all’autodistruzione.
L’odio avanza inesorabile con i pugni chiusi e il ghigno feroce. Uno gode della morte di una bambina di due anni. E’ schiavo della rabbia, non ha possibilità alcuna di redenzione. Possono, costoro, trasformarsi in un altra persona in un attimo e rendersi utili alla società, alle persone che gli stanno vicino? No. Entrano nelle case, soffocano i figli, ingannano gli affetti, i sentimenti, denigrano il padre e la madre. Criticano e distruggono le persone di buona volontà, disprezzano chi lavora. Quando l’odio invade un corpo, non fa distinzioni, avvelena tutte le cellule dell’organismo.
Ed è anche molto contagioso.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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