Mi sono trascinato il fastidio sin da ragazzo, nel leggere i cartelli che indicavano la località “Poltu Quatu”. Poltu Quatu sarebbe, a rispettare il gallurese, Poltu Cuatu. Cuatu ovvero nascosto, come la famosa suppa cuata, la zuppa gallurese. L’ho sempre saputo che si scrive Cuatu e non Quatu, non sono un linguista ma anche dal suono della parola noi galluresi capiamo la differenza.
Invece non c’è cartello in cui si trovi la forma corretta: ovunque hanno scritto Poltu Quatu, anche incidendo quell’errore sul macigno all’ingresso del porto. Poltu Cuatu è una strettissima insenatura aperta tra i graniti, tra Porto Cervo e Baja Sardinia (meglio: tra Poltu Mannu e Battistoni, a voler rispettare i nomi originari dei luoghi). Se ci si passa davanti navigando lungo la costa risulta quasi invisibile, per quanto il mare si infila in un cuneo stretto e profondo: forse per questo lo chiamarono Poltu Cuatu.
Quasi invisibile, ma non per il Conte Cesare D’Acquarone che nel 1967 ci diede su uno yacht una delle più sfarzose feste che si ricordino (e non sono state poche) da queste parti: invitò centinaia di ospiti da tutto il mondo e solo i fuochi d’artificio costarono 11 milioni di lire (nel 1967, lo ripeto). Me lo raccontò Antonello Martini, primo portiere dell’hotel Pitrizza, dove il Conte spargeva pezzi da diecimila sfilandoli dalla manica, dove li teneva per distribuire le sue generose mance.
Poi, su questo pezzo di Gallura si posarono gli occhi di certi famelici palazzinari legati alla Dc andreottiana e quel fiordo venne imbottito di cemento e sfigurato, diventando un esempio di speculazione edilizia selvaggia. Lo stravolgimento dei connotati ha interessato anche il nome.
Sui toponimi arbitrariamente prescelti dai conquistatori del turismo per designare un luogo o su quelli stravolti – Romazzino al posto di Li Rumasini, il primo che mi sovviene – ho scritto anche in passato e, in fondo, si potrebbe dire che a Poltu Cuatu è andata anche meglio, perché la radice storica è rimasta. Ma quella C trasformata in Q non mi è mai andata giù. Mi suggerisce una mancanza di rispetto, di educazione, una superficialità alla minnaffuttu che con gli anni mi è diventata insopportabile. Nessuno è tenuto a sapere quale sia la forma esatta del toponimo Poltu Cuatu. Ma un minimo di ricerca prima di battezzare un luogo sarebbe doverosa. Io, per preparare questo post, ho sentito lo studioso Emilio Aresu, autore del saggio “La lingua dei galluresi”, e il linguista e ricercatore Riccardo Mura, responsabile della biblioteca di Luogosanto. Ecco cosa mi hanno risposto. Emilio Aresu: “In gallurese è generalmente ammesso l’uso della “q” per i termini di altra origine (come quadro, quaderno ecc.) ma non per quelli galluresi (cuàtu, candu ecc.). La trascrizione “quatu” (o “quadu”) ricalca parole italiane e tradisce una sudditanza inutile nei confronti della lingua della penisola”;
Riccardo Mura: “L’uso della q è sbagliato perché: 1) questo grafema non fa parte dell’alfabeto sardo e gallurese; 2) il doppio grafema <qu>, in italiano, si usa per rappresentare la sequenza /kw/, come in “quatto (quatto)” /’kwatto/, mentre la pronuncia di “cuatu” è /ku’atu/; 3) in sardo e in gallurese la sequenza /kw/ non è originaria: si trova solo in qualche raro prestito dall’italiano o dallo spagnolo (es.: la scuadra, guasi, lu cuidadu…), e comunque anche in questi casi spesso i sardi pronunciano /ku/ anziché /kw/; 4) l’alfabeto italiano ha adottato <q> perché mantiene la sequenza latina <qu>+vocale, come in “quello”, mentre noi non ne abbiamo bisogno perché abbiamo l’esito “chiddu/cuddu”; 5) ma sopratutto, nel nostro caso specifico, l’uso di <q> è tantopiù assurdo perché “cuare” deriva dal latino “cubare”, con <c>!”. Ecco, io non sono un linguista ma mi sono informato: nessuno proibisce a chi vive in Costa Smeralda di fare altrettanto.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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