Me lo ricordo quel 7 aprile del 1979, quando ancora dovevo conoscere l’alba dei miei vent’anni. Me lo ricordo perché lavoravo in radio, perché conoscevo molte storie, seguivo con passione gli avvenimenti politici e uscivo con Viviana: femminista, animalista, salutista, alternativa e radicale. Era una vita difficile, lo so, ma era la nostra vita. Quel 7 aprile del 1979 divenne il punto di non ritorno di molte discussioni. Si disse che era stata uccisa la democrazia, che lo Stato avesse cominciato la caccia alle streghe e nacquero, proprio quel giorno, alcuni martiri dell’estrema sinistra. Fu colpita, principalmente, l’area di Autonomia Operaia tra Roma, Milano e Padova e in carcere ci finirono persone a me quasi sconosciute: Toni Negri, Emilio Vesce, Oreste Scalzone e Lanfranco Pace. Tutti accusati di aver “organizzato e diretto un’associazione denominata Brigate rosse, al fine di promuovere l’insurrezione armata contro i poteri dello Stato”. A dirigere l’operazione fu il giudice Pietro Calogero il quale firmò i mandati di cattura. Subito si parlò di “teorema Calogero” e di un grave errore giudiziario. In radio si discusse della questione e di Emilio Vesce direttore di radio Sherwood. Di quei giorni ricordo il panorama livido e la consapevolezza che quel teorema servisse per distogliere lo sguardo da altre verità. Ricordo del 45 giri plastificato uscito con il settimanale “L’espresso” nel quale era registrata la voce del brigatista che il 9 maggio 1978 aveva telefonato alla famiglia dell’Onorevole Aldo Moro per comunicare la morte dell’ostaggio. Si diceva fosse di Toni Negri. Ricordo una lunga trasmissione in radio nella quale la telefonata passò molte volte e la consapevolezza che Toni Negri nulla c’entrasse con quella storia. Come in seguito si dimostrò. I processi che ne seguirono furono legati ad anni convulsi e contorti per la Magistratura e per il paese e non si riuscì a trovare nessuna verità, neppure giuridica. Non per banalizzare ma nei misericordi rimane il sapore di quel giorno e rimane, soprattutto, il bacio non dato tra me e Viviana: femminista, animalista, salutista, alternativa, radicale e arrabbiata. Se la prese con me, manco fossi Calogero.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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