L’impresa della missione Apollo ha sempre avuto per me un fascino quasi erotico, anche se al tempo non ero ancora nato. L’anno in cui è stata realizzata, il ’69, forse non è casuale. Se avete Sky, troverete tra i contributi sul cinquantenario della conquista della Luna un’intervista che Tito Stagno ha rilasciato alla bravissima giornalista sarda Veronica Baldaccini. Tito Stagno è stato il telecronista Rai della lunghissima diretta del 21 luglio 1969. Oggi novantenne, ma ancora capace di analisi acute e dotato di memoria scientifica per quei fatti storici, Stagno ha raccontato persino con rabbia quella conduzione.
Rabbia, sì. Perché la polemica con l’inviato a Houston Ruggero Orlando sul momento esatto dell’allunaggio ancora lo infastidisce. Quando ne parla, sfodera una determinazione e un orgoglio che sono tipici dei duelli tra primedonne di una redazione. Però poi Stagno si è lasciato andare e intenerire dal profondo carico poetico di quell’impresa, atterrando sull’inevitabile raffronto tra quei tempi e l’oggi. Manca, ha detto il giornalista cagliaritano, quel desiderio di scoperta, quel folle bisogno di esplorare ignoto e sconosciuto.
Folle, esattamente: la potenza dei computer sull’Apollo 11 era paragonabile a quella di uno smartphone dei nostri tempi. Eppure c’era gente come Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins (e Yuri Gagarin, prima di loro) disposta a rischiare la vita per quel bisogno di conoscere e sfidare i limiti umani oltre quella stessa conoscenza. La sera prima della partenza, Armstrong parlò ai figli mettendoli di fronte all’eventualità concreta che non avrebbero più rivisto il loro padre.
In queste nostre vite regolate dal rapporto costi/benefici, dalla ragionieristica valutazione dell’utile spicciolo, il discorso in cui Kennedy annunciava il via alla missione – e aveva il suo punto più alto nel “la facciamo proprio perché difficile e pericolosa come nessun’altra impresa umana” – oggi sarebbe accolto da una selva di fischi e seguito da inchieste di giornali scandalistici sui profitti e le possibili tangenti pagate dalle imprese appaltatrici. La spiegazione più convincente che mi do, nel leggere le fantasie di chi è convinto che sulla Luna non ci siamo mai stati, è che questo scetticismo sia l’ennesimo frutto amaro di questo mondo fatto di chiusure, muri, sfiducia e rifiuto dell’uomo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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