Mi sono sempre chiesto a che servissero i giornali sportivi. Era una domanda che mi ponevo soprattutto negli anni ottanta quando, nel mio furore ideologico, acquistavo e leggevo solo Il Manifesto, Repubblica e qualche volta Lotta Continua. Vedere una persona sfoggiare Il corriere dello Sport o La gazzetta era, a quei tempi, considerato non dico “fascio” ma, almeno, “qualunquista. Eravamo stronzi, lo so, ma il look andava brillantemente esposto al pubblico che poteva definire bene la tua collocazione. Però anche dalle nostre parti si viveva di sport e si faceva il tifo per le squadre di calcio, per la formula uno e per il ciclismo. I nostri quotidiani non ne parlavano mai, anche Repubblica, almeno ai primi tempi, dedicava solo una striminzita pagina agli avvenimenti sportivi. Fu così che cominciai, con distacco e furbizia, a sbirciare le notizie sulla Gazzetta e sul Corriere dello Sport sfogliandoli soprattutto all’interno dei bar tenendo nella tasca dell’eskimo il manifesto d’ordinanza. Cambiò tutto nell’anno dei mondiali del 1982. Fu la prima volta in cui mi recai in edicola e acquistai “la Gazzetta dello Sport” con il titolone “Campioni del mondo”. Ancora la conservo come un trofeo e con un briciolo di orgoglio. Oggi la Gazzetta compie 126 anni: il primo numero uscì il 3 Aprile del 1896 dalla fusione de “la tripletta” e “il ciclista”. Da quell’11 luglio 1982 ho letto con più frequenza la Gazzetta e qualche volta l’ho acquistata perché la passione per lo sport è passione per la vita e poco c’entra con la vecchia e stupida ideologia.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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