Non credo di essermi mai sentito in trincea come in queste settimane della mia breve esperienza da insegnante di scuola superiore. Il fronte nemico non sono i ragazzi, semplicemente figli del mondo che vivono. Il fronte nemico è proprio quel mondo completamente cambiato, rispetto a quello che io ho conosciuto da alunno. Non migliore o peggiore, non sono io a dover giudicare, certamente diverso. Meno disponibile a riconoscere l’autorità di chi insegna, sempre più tentato dal mettere in discussione le regole e la sacralità della scuola.
Il sindaco di Forlì Roberto Balzani ha reso pubblico un caso avvenuto in una scuola media della sua città, dove una madre si è presentata da un insegnante accompagnata dall’avvocato per contestare il sequestro dello smartphone al proprio figlio. Secondo la versione del sindaco, il docente ha sorpreso l’alunno mentre esaminava foto di donne nude sul cellulare. Sequestrato il telefono al ragazzo, ha mandato a chiamare i genitori affinché fossero loro a ritirarlo. La madre, il giorno dopo, si è presentata con l’avvocato, accusando di furto il professore e contestando nel merito la decisione dell’insegnante, poiché secondo la signora le donne non erano nude ma indossavano il perizoma. Se il caso dovesse effettivamente sfociare in una denuncia formale, per quanto paradossale, è possibile che il docente passi guai: a quanto pare, il sequestro di un cellulare a scuola può avvenire solo previa restituzione della sim card al ragazzo. Nei commenti sui social, inoltre, si biasima l’eccessiva arrendevolezza dei professori, troppo propensi a lasciare ai ragazzi la libertà di usare i cellulari.
Ma solo chi entra in una classe dei nostri tempi può capire quanto sia complicato gestirla, cercando di far rispettare le regole senza venir meno al buon senso. Perché i ragazzi sono figli del nostro tempo e di genitori per i quali è normale, se non indispensabile, che i loro figli abbiano tra le mani un telefono durante la lezione, nonostante tutte le inevitabili distrazioni che ne derivano, condizionando talvolta il profitto. Un genitore che si presenta a scuola con un avvocato per denunciare un insegnante – non per uno scappellotto, non per un insulto, ma per il sequestro del cellulare – dimostra quanto ad essere messi profondamente in discussione siano i fondamenti della scuola, la sua sacralità, la sua indispensabile funzione formativa ed educativa. Una buona parte del mondo non riconosce più l’importanza della scuola, oppure la ritiene meno importante di un telefonino. Di questa catastrofe, i ragazzi che a scuola ci vanno sono i meno responsabili.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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