Io non ci sono mai stato in Sicilia. Quando ci andrò, mi farò portare a Chiaramonte Gulfi. Avete presente la forma della Sicilia? Sembra un triangolo. Ecco, nel vertice più basso, nel sud più sud dell’Italia, trovate un paese di ottomila abitanti: quello è Chiaramonte Gulfi. Voglio andare per vedere dov’è nato e ha vissuto parte della sua vita Vincenzo Rabito. E chi è Vincenzo Rabito? E cosa ve ne importa a voi di un siciliano sconosciuto? Aspettate un momento. Vincenzo nacque a Chiaramonte nel 1899. Il padre morì quando lui era un bambino, di scuola elementare ne fece solo un anno e imparò a leggere e scrivere da una sorella. Era del 1899, Vincenzo, la classe dei ragazzini spediti a combattere sul Piave. E lui fu tra quelli, siccome era siciliano lo mandarono da zappatore a scavare trincee. Fu anche preso prigioniero dagli austriaci, ma dalla guerra uscì vivo e continuò la sua lotta per la sopravvivenza. Vagò per anni per le campagne in cerca di lavoro da bracciante, a mietere grano e raccogliere olive, emigrò in Abissinia per aprire strade nel tempo dell’effimero impero, fu minatore in Germania sotto le bombe americane, lo richiamarono in Italia per la seconda guerra mondiale, uscì vivo anche da quella, poi gli diedero un lavoro da cantoniere e in uno sgabuzzino sulla strada provinciale restò fino alla pensione, nel 1967. Per cinquant’anni lo scopo principale della sua vita fu aver cibo sufficiente per non patire la fame
Ecco, il bello viene ora. La sera, dopo cena, il vecchio Vincenzo si ritirava nella sua stanza senza dare spiegazioni. Lo fece quasi ogni giorno, dal 1968 al 1975. Vent’anni dopo, quando Vincenzo era mancato ormai da un pezzo, uno dei figli aprì un cassetto della sua stanza e ci trovò una pila di fogli. 1027 fogli, ciascuno zeppo di caratteri, impressi sulla carta da una Olivetti Lettera 32. Nessun margine, nessuno spazio tra una riga e l’altra, fogli riempiti completamente d’inchiostro, come si conviene a chi nella vita è stato abituato a non sprecare nulla.
In quelle 1027 pagine, in quei sette anni, chiuso nella sua stanzetta, Vincenzo Rabito aveva sentito il bisogno di scrivere la sua storia, di lasciar traccia della sua vita. In una lingua che è un miscuglio di siciliano ed italiano, scritta come la poteva scrivere un semianalfabeta che non era andato oltre la prima elementare. Aperte virgolette: “Cinquant’anni di storia italiana raccontati con straordinaria forza narrativa. Un manuale di sopravvivenza involontario e miracoloso”: chiuse virgolette.
Queste ultime parole non sono mie ma le ha scritte un altro siciliano, Andrea Camilleri, quando le memorie di Vincenzo vennero pubblicate col titolo “Terra Matta” da Einaudi e vinsero i primi premi letterari, nell’anno 2000, diciannove anni dopo la morte dell’autore. Vincenzo non si celebra, Vincenzo si confessa. Dice la verità senza pudore.
Ecco come Vincenzo racconta la Liberazione:
“Poi che i parteciane antavino avante, che stavano librando tutta l’Italia per mandare via le tedesche e li Brecate nere e prentere al duce e amazzarllo. E quinte, il fascismo era conzederato perduto. E così, tutti i paesi che nei municipia c’erano i fascistone che comantavino, questi venevino levate e prentevino il comando li antifasciste. Io era di Chiaramonte e parllo di Chiaramonte che una mattina, con l’ordine delle amirecane, così presero il podestà, che aveva stato umministro, lo butareno fuori, e poi lo hanno accompagnato tutti i chiaramontane e frische e scurreggi per fina a casa sua. E per tutta l’Italia, li operaie, da fasciste, tutte diventareno comuniste. E quinte, era tempo che campiavino le cosi. E io, che era fascista della prima ora, da fascista subito mi offatto parteciano e comunista, perché altremente umposto non lo poteva capitare” (pag. 306).
Perché vi ho raccontato questa storia? Perché ogni vita è un romanzo. Anche se l’avete trascorsa dentro un ufficio grigio a sbrigare pratiche, tra i campi o in qualunque altro posto che vi sia apparso insignificante, anche se vi è sembrato di averla sprecata, la vostra vita ha senz’altro qualcosa di unico. E se un giorno vi venisse voglia di raccontarla non lasciate che sia il timore di non saperla scrivere ad impedirvelo. Vi privereste di qualcosa, privereste tutto il mondo di qualcosa di importante.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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