Ci dev’essere di sicuro un’espressione più calzante e fedele. Ma per me lo schifo è la parola sprezzante di una signora in costume da bagno, appena riemersa dall’acqua del mare perfetto di settembre, mentre osserva la fiumana di gente di tutte le età scorrere davanti a lei, all’atto finale di una lunga camminata lungo costa, nel cui tempo i vecchi hanno raccontato ai giovani quel che erano i luoghi prima che il turismo si imponesse come anno zero e inizio di tutto e come spendessero il loro, di tempo, i vecchi, nella notte di una civiltà senza internet né smartphone. La signora guarda donne, uomini e bambini provati e coperti dal sudore del sole di mezzogiorno, poi vede l’ambulanza alla fine del corteo e chiede con tono di sfida, così che tutti la possano sentire: “Le solite esagerazioni, c’era bisogno dell’ambulanza per una camminata?”. Lo dice col tono indisponente e odioso di chi “perché devo pagare io, contribuente, per la tua passeggiata domenicale?”. C’ero anch’io tra i camminatori, ieri, sul lungomare di Cannigione, tra adolescenti ed ottantenni E ho pensato che un migrante debba sentirsi mortificato come mi sono sentito io, sentendomi puntare addosso l’indice di chi “non devo essere io a pagare, se ti capita qualcosa, la tua vita non tocchi il mio portafogli”. Ho avuto la tentazione di fermarmi e spiegarle quanto disagio mi susciti condividere lo stesso mondo con gente arida e inutile come lei. Ma avrei macchiato di sterco una magnifica giornata, profumata d’amicizia e di settembre.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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