Io le carceri d’oro le ho visitate. Nel senso che, per lavoro, sono stato all’interno di quei penitenziari che sono diventati uno dei primi grandi scandali della fine degli anni ottanta dove tutto era d’oro (carceri, lenzuola, solo per citarne alcuni) e che, dal 1992, tutto divenne tangentopoli, mafiopoli. Giochi giornalistici si dirà. Però quelle carceri svettano ancora in molte città del nord e, a dire il vero, non se la passano benissimo. Sono state costruite negli anni ottanta e, purtroppo, hanno grandissimi problemi strutturali. Alcune cadono letteralmente a pezzi. Del nobile metallo, purtroppo, non hanno nulla. Erano state costruite con materiale non conforme, il ferro utilizzato non era quello adatto e neppure quello previsto. Le pendenze sbagliate, l’umidità incalcolabile. A quei tempi il Ministero dei lavori pubblici era diviso tra democristiani e socialdemocratici e così, il 25 febbraio del 1988 esplode lo scandalo delle “carceri d’oro” e Franco Nicolazzi, Clelio Darida e Vittorino Colombo rimangono coinvolti in un grosso giro di tangenti per l’assegnazione di appalti relativi alla costruzione di alcune carceri. Il più colpito dallo scandalo fu il socialdemocratico Nicolazzi che ricopriva, quando scoppiò lo scandalo, il ruolo di segretario del PSDI. Si dimise subito e affrontò il processo che si concluse con una condanna per concussione. Questo comportò la fine della sua carriera politica. Quando ho visitato le famose “carceri d’oro” tutti ricordano il periodo e tutti ricordano lo scandalo. Alcuni istituti sono proprio appellati in questo modo: nome dell’istituto e vicino lo strano e curioso appellativo: “Carcere d’oro”. Il nostro è uno strano paese dove sopravvivono le mostruosità e si dimentica la bellezza. Quelle carceri, simbolo di uno stato che stava per imboccare l’inizio della fine rimangono come una strana linea di demarcazione tra l’illecito e l’avventuroso. Pareva una cosa di poco conto ma sotto il braciere covava ben altro e quella era solo la punta di una piramide mai del tutto scoperta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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