Molti amici mi accusano di essere diventato monotematico, di essere ossessionato da questa battaglia di civiltà contro il razzismo e i nuovi rigurgiti di fascismo. Me lo lasciano intendere anche persone che so condividere i miei stessi valori, i valori della Costituzione, e che invece vedo un po’ rassegnati o forse convinti che ci si debba adeguare, mettendosi l’anima in pace. Un ministro propone di depenalizzare l’odio razziale e l’apologia del fascismo? Vabbè, sarà un’uscita provocatoria, non facciamola tanto lunga, lascia stare, pensa alla salute. E quindi sono io a essere noioso, non lui ad essere sovversivo. Però, cazzo, certe cose davvero io non riesco a lasciarle correre, fingendo di non averle viste. E m’incazzo quando capisco che questo Paese ha un urgente, immediato bisogno di tornare alle basi, alla scuola, alla lettura, alla comprensione del testo, dei contesti, dei registri e del non detto insinuato tra le parole. Io non so se sia vero che l’84 per cento degli italiani non è in grado di distinguere una bufala da una notizia vera, ma certo so che in molti approfittano di questa incapacità. Veniamo al caso particolare. Una pagina Facebook sarda, lo scorso 6 luglio, ha pubblicato il video di un monologo di Diego Abatantuono. Eccolo qua il video: https://youtu.be/hZdu_VxuUqc
Poco più di un minuto e mezzo, senza un prima, cioè senza una premessa che chiarisca in quale occasione l’attore abbia pronunciato queste affermazioni. Ora, è chiaro a chiunque abbia un minimo di acume che Abatantuono sta recitando. Infatti la sequenza è tratta dal film “Cose dell’altro mondo”, in cui impersona il politico leghista che ripete tutti i soliti luoghi comuni sugli immigrati, declinando a suo modo il “Prima gli italiani!” e polemizzando contro le maestre di sinistra che favorirebbero le classi scolastiche miste mettendo in pericolo persino la nostra lingua, minacciata da questa babele di idiomi di tutto il mondo. L’attore conclude col classico “Fuori dai coglioni!”.
Ci vuole un minuto per capire che è una parodia – una presa per il culo, così capiscono anche quelli che invece credevano fosse il pensiero reale dell’oratore – e che a parlare non è Abatantuono ma il personaggio che interpreta nella finzione. Solo che la pagina Facebook guarnisce il video con questo commento: “Un grande Abatantuono parla dell’immigrazione e del disastro Italia”. Il che lascia intendere che Abatantuono stia esprimendo un punto di vista proprio. E se un personaggio di quella popolarità ha il coraggio di fare queste affermazioni, così ragiona il razzista, possiamo rimuovere ogni scrupolo e seguirne l’esempio liberando i nostri istinti.
Quel che segue è una grandinata di elogi all’attore, a cui qualcuno chiede di mettersi in politica assieme a Salvini. Il primo commento è di un mio contatto Facebook, una signora romena. Senonché nella discussione interviene qualcuno per far sommessamente notare che quella è la sequenza di un film e Abatantuono non pensa realmente quelle cose. A questo punto, quelli che il film se l’erano fatto in testa reagiscono indispettiti, replicando sostanzialmente in questo modo: beh, anche se fosse un film sta dicendo cose vere, quindi poco importa se è il suo punto di vista o una sua performance da attore.
Capite che, di fronte a questo atteggiamento, ben poco si può fare per ristabilire buon senso e verità. E capisco anche la rassegnazione di chi ha dato questa battaglia per persa e pensa ad occupare la propria vita con altre cose, anziché angustiarsi con i problemi di chi non è in grado di distinguere verità e finzione, per poi magari sentirsi qualificare come radical chic da chi non ha argomenti. Oggi, poco meno di un mese dopo la pubblicazione di quel video, sono tornato su quella pagina: la presa per il culo di Abatantuono ha avuto 1200 condivisioni, perlopiù gente convinta che si tratti del reale pensiero dell’attore. Abbiamo un disperato bisogno di tornare alla scuola, alla lettura ragionata, alla comprensione del testo per evitare un disastro antropologico che si prefigura come una voragine. Scusate se vi ho annoiato con la solita solfa.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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