Il cosiddetto Italicum, il nuovo sistema elettorale di cui il presidente del consiglio Renzi è il principale sponsor, è ancora al centro di feroci scontri, soprattutto all’interno del PD.
Un parto controverso che non ha risolto alcuni nodi di fondo, principalmente quello relativo alle preferenze. Infatti si ricorderà che la Corte Costituzionale aveva bocciato il vecchio sistema, il cosiddetto “Porcellum”, principalmente per un suo vizio democratico, impedendo, di fatto, alla gente di potersi esprimere e di poter votare liberamente i propri rappresentanti in Parlamento.
Di fatto una sorta di colpo di Stato di una aristocrazia politica che, in crisi di legittimazione, ha preferito, a suo tempo con Berlusconi e soci, la strada della chiusura e della difesa delle prerogative e dei privilegi. Una strada che Renzi e una parte del PD sta provando, nonostante gli aspri scontri interni al partito, di proseguire. In pratica il rischio è, nonostante qualche piccola concessione sul fronte delle preferenze con una limitata scelta degli eletti, di vedersi nuovamente con un Parlamento almeno in parte delegittimato nuovamente dalla Corte Costituzionale.
E tuttavia ritengo che dietro questa difesa ad oltranza dei privilegi della classe politica vi sia qualcosa di più di una semplice lotta corporativa, ma che vi sia un sistema conservatore, un intreccio politico ed economico che con ogni mezzo stabilisce regole e impone la sua egemonia.
Il sistema italiano, con il PD renziano, sembra essersi assestato con un partito di potere in stile DC. Un partito che nasce a sinistra ma che alla fine si pone su posizioni “liberal”, affiancandosi ad altri partiti europei e in particolare anglossassoni. Il PD è un partito liberista nei fatti e ormai nella sostanza, con pochi, deboli e inutili distinguo al suo interno. Questa occupazione di uno spazio tradizionalmente di competenza della destra, ha prodotto, con il declino della forma partito azienda di Berlusconi, l’arroccamento della destra italiana in un ambito residuale, quello antropologico della paura, dell’ignoranza e dell’odio. Berlusconi, ormai personaggio impresentabile per il sistema di potere europeo e atlantico, è stato sostituito dal leader dell’unica forza organizzata esistente sulla scena, ben agganciato al mondo dell’industria e della finanza.
Ecco dunque che il sistema di potere raggiunge un suo equilibrio politico. Da una parte un leader che è in credito con quel sistema e che infatti, ad una ad una, sta pagando (o facendo pagare al popolo), tutte le sue cambiali (si pensi all’odiato articolo 18), riuscendo a fare ben poco delle auspicate riforme promesse (si pensi alle pensioni d’oro, o ai tetti per manager pubblici).
Dall’altra una destra impersonata da Salvini, che ha il compito di prendere per bene per il culo gli italiani più arrabbiati e più ignoranti, spesso proprio i più emarginati e penalizzati, riversando sugli immigrati e sulle minoranze etniche presenti nel paese tutto l’odio possibile ed immaginabile e le colpe invece attribuibili alla classe politica, ricorrendo, all’occorrenza, a falsità, bugie, manipolazione dei fatti e vere e proprie patacche costruite appositamente e fatte girare in rete. Su questo carro, con una recente dichiarazione, è salito infine anche l’ex Presidente della Regione Sardegna Cappellacci, dimostrando che ormai la visibilità a destra è fornita solo da questo argomento, a scapito della perdita totale della dignità, politica e non solo.
Anche il movimento di Grillo sembra ormai essere funzionale al sistema, facendo convergere su di sé istanze riformiste sacrosante, ma che poi non trovano uno sbocco politico fattuale e finiscono per essere emarginate nell’ambito della pura e semplice contestazione.
Tutti funzionali alla conservazione, alla sopravvivenza del vecchio sistema di potere.
Insomma, in questo momento storico sembra che il sistema abbia trovato in Italia un perfetto equilibrio per consentire la riproduzione delle vecchie forme politiche ed economiche di potere.
Non che negli altri grandi paesi del capitalismo mondiale le cose siano molto diverse. Tuttavia, occorre dire che in Italia il danno è peggiore.
Infatti l’Italia poteva vantare una partecipazione popolare ai fatti della politica molto alta, con percentuali elettorali vicine all’ottanta per cento, e con partiti tradizionali di ispirazione socialista, operaia, e cattolica capaci di coinvolgere la popolazione e di contribuire alla formazione della classe dirigente anche con elementi del popolo.
Per poter ristrutturare il vecchio sistema di potere è stata proprio la partecipazione popolare alla politica ad essere stata eliminata. Il PD, erede della tradizione di quei grandi partiti, la DC, il PCI e il PSI, oggi si è ridotto ad un partito decimato negli iscritti, una sorta di comitato elettorale che definisce gli assetti politici del paese con una scarsa partecipazione popolare. Nel partito resistono ancora energie e forze positive, che però appaiono sempre più deluse ed emarginate dalle scelte.
Per converso, vediamo che le percentuali di partecipazione elettorale del paese sono scese agli standard di altri paesi europei. Una sorta di americanizzazione della politica italiana, con partiti trasformati in comitati elettorali, dove non importa se la gente non va a votare o non va alle riunioni di partito, che l’importante è che siano sempre i soliti a decidere.
Ecco dunque l’Italicum, con le preferenze semibloccate. Per giustificare questo atto antidemocratico evidente e certificato dalla Corte Costituzionale, si è evocata la mafia, dicendo che le preferenze sono gestite dalla criminalità organizzata.
Come se le segreterie dei partiti attuali possano definirsi garanti contro l’infiltrazione mafiosa!
Pur di giustificare lo sbarramento democratico, si entra in un terreno pericolosissimo, dove in sostanza ci si arrende alla mafia e si dice che la cura è l’eliminazione degli strumenti democratici fondamentali.
Si vive una strana sensazione, osservando le gesta della classe dirigente economica e politica al potere, fatte salve sempre le debite eccezioni. Che una parte consistente del potere si sia arresa, e stia spolpando pezzo a pezzo quello che resta di un paese che con alterne vicende, ma comunque fino a non molto tempo fa, aveva un tessuto industriale forte e sostenuto da una tecnologia di altissimo livello, una tradizione nella piccola e media impresa che si appoggiava al Made in Italy, un sistema bancario tutto sommato solido. C’è un’aria di declino, se non addirittura di fallimento, nonostante i proclami ciarlieri del toscanello, una specie di fuggi fuggi generale dove l’importante è succhiare al ceto medio quanto più possibile con il pretesto del risanamento dei conti, e vendere al migliore offerente i migliori pezzi dell’impresa del paese.
Spero che il paese trovi le risorse per uscire fuori da questo impasse, da questo declino che, temo, sarà inarrestabile.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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