Giorni fa ho scritto che l’Italia non è un paese cattolico.
Pensavo di scatenare un casino. Invece, nulla.
Intendevo dire che la religione è una cosa seria, molto seria. E che noi italiani, come cattolici, non siamo per niente seri.
Non lo siamo sul piano rituale, liturgico. La maggior parte degli italiani non va in chiesa.
Lo vedo dal mio paese. Siamo dodicimila. Considerate tutte le chiese che ci sono e le messe che vi si dicono tra il sabato e la domenica, credo che ci vadano, esagerando, tremila persone. E ho esagerato.
Credo che le proporzioni siano le stesse ovunque. Uno su quattro. Si può verificare, ma credo sia così.
Quindi, poca gente va in chiesa, e quindi non siamo tanto religiosi, tantomeno cattolici.
Qualcuno risponde di getto, in questi casi, ricordando che si può essere credenti ma non praticanti.
Benissimo. Ma a qual punto chiedo: credenti in cosa? Visto che Dio è nascosto e che la fede è legata alle opere, in cosa credono quelli che non vanno in chiesa? Potranno credere a un Dio che somiglia a quello di quando ci andavano. Ma se non si sentono in peccato mortale non andando in chiesa, non stanno parlando della stessa cosa. In altri termini, credono in regole diverse da quelle della Chiesa. E quando si tratta di religione, le regole sono tutto.
Anche perché spesso le idee di chi non pratica, sono idee laiche, come quelle della maggior parte degli italiani. E la maggior parte degli italiani vuole la libertà di divorziare, di vivere il sesso prima del matrimonio, di usare metodi contraccettivi. Secondo la maggior parte degli italiani non è giusto tenere una persona attaccata a una macchina quando non c’è speranza che si riprenda.
Sembrano cazzate, ma sono idee che vanno contro, e sottolineo contro, i principi della chiesa cattolica.
E sono idee che fanno di noi italiani una società, con tutti i suoi limiti, laica.
Laica non è il contrario di cattolica. Laica è il contrario di religiosa. E l’Italia, secondo me, non è un paese religioso, perché è piena di laici che non sanno di esserlo e di ignoranti in materia religiosa che si mischiano con i veri credenti per scopi politici (qualcuno parla di “appartenenza senza fede”).
Per non parlare del livello bassissimo di cultura religiosa cattolica, o anche solo cristiana, presente nel bagaglio dell’italiano medio, compresi i tifosi di Salvini. Provate a cercare un qualsiasi sondaggio sulla cultura religiosa degli italiani. Oppure fatelo voi il sondaggio, e chiedete a uno di questi che difendono il presepe e il crocefisso nelle scuole, se sa la differenza tra Bibbia e Vangelo. Se sa chi era san Giacomo e cosa ha scritto sul dovere di accogliere i poveri. Provate a chiedere che lingua parlava Gesù o di recitare i comandamenti. Provate a chiedere chi era Abramo e da dove veniva, chi era Giobbe e che partita si è giocata sulla sua pelle, quanti Lazzaro conosce e quanti secoli ha il Presepe.
Ma se l’Italia non è religiosa, come mai tutti continuano a credere che sia un paese cattolico? Forse perché il rapporto col Vaticano è così forte? O perché la Chiesa si muove come se rappresentasse una maggioranza e tutti continuiamo a far finta che sia vero? Non lo so, ma guardandola così si capiscono meglio le cronache sulla scuola di Rozzano e su quella di San Donato a Sassari. Dove in entrambi i casi una decisione rispettosa delle regole ha causato reazioni isteriche da parte di alcune persone di fede cattolica (genitori, attivisti e prelati) e da nulla siamo passati a sceneggiate ridicole da parte di politici, stampa e alcuni tifosi. Alla fine anche molti laici un po’ ruffiani (Gramellini e Serra su tutti), senza manco approfondire hanno ritenuto giusto buttare acqua sul fuoco. Ma il fuoco era stato appiccato apposta soffiando su una fiammella insignificante.
Dire un laico e sacrosanto “no” a un vescovo che si aspetta di predicare dentro una scuola, magari per diffondere idee contro gli omosessuali o il divorzio, e sapendo pure che tra una scuola pubblica e una cattolica privata preferisce quest’ultima, non dovrebbe essere un gesto eclatante. Lo diventa in due casi: se viene fatto in condizioni di minoranza in un paese confessionale, oppure se viene fatto in un paese laico dove la minoranza cattolica – o meglio le sue frange oltranziste- decidono che predicare in una scuola sia un diritto inalienabile e non uno strascico preconcordatario che tarda a tramontare. La stampa segue a ruota solo perché, si sa, se c’è “sangue” i giornali vendono.
E puntualmente, come per le polemiche su Halloween, l’Otto Marzo e il 25 Aprile, a dicembre si scomoda la tradizione per difendere il presepe e Tu scendi dalle stelle. Ma sono certo che la maggior parte di coloro che sbraitano, in chiesa non ci vanno, e che per loro i canti natalizi e il presepe sono tradizionalmente legati ai ravioli e al panforte più che alla messa di mezzanotte e alla liturgia della natività.
Perché noi italiani ci diciamo credenti, ma essendo gente pratica, non pratichiamo più.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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