Parlo di cose che conosco, che ho toccato con mano. Parlo di diritti e di carcere, di pene e di alternative, di sofferenze e di torture. Sono cose che conosco, sono cose vissute sulla mia pelle per anni. Alcune mal sopportate, altre stigmatizzate, combattute, isolate. Parlo di concetto di “penitenziario” in maniera non marginale o “a grandi linee” e so, da subito, che questa cosa interessa poco, qualche like, qualche colpetto sulla spalla: “si hai ragione, però”. Quel però sempre inserito quando non si ha null’altro da dire e da proporre se non urlare ai quattro venti che bisogna “buttare la chiave”. Parlo di cose che conosco e voglio continuare a parlarne: le proposte di Fratelli d’Italia sul carcere e dintorni non mi piacciono. Non ne faccio una questione ideologica, per carità. Ritengo, invece, siano mal poste, poco incisive e utili solo a conquistare qualche voto nel palco del populismo e di chi, molto sbrigativamente, ritiene che lasciar marcire in carcere “i delinquenti” sia la soluzione alla devianza. Giorgia Meloni è persona intelligente e sa che le cose non stanno così. Probabilmente ha una conoscenza più approfondita del problema ma sa dove andare a razzolare consensi: e la pancia della gente e ampia e ben disposta. Prendiamo, per esempio, la questione della liberazione anticipata, ovvero lo sconto di pena da concedere a chi, in carcere, da condannato definitivo, si comporta in un certo modo e dimostra interesse alla rieducazione. I suoi deputati (Edmondo Cirielli tra tutti) ritengono sia importante blindare le porte del carcere e non concedere sconti di pena e quindi niente liberazione anticipata. Il buon Cirielli giustifica la sua scelta, nelle varie proposte di legge presentate alla Camera, come una delle soluzioni per quei detenuti che, una volta messi fuori dal carcere, tornano a delinquere. E’ l’esatto contrario: chi ottiene i benefici (affidamento e semilibertà) ha più possibilità di reinserimento e di ritornare a delinquere e il tasso di recidiva si abbassa moltissimo.
Parlo di cose che conosco e che ho toccato con mano. Dico sempre (e lo dico ormai da 40 anni) che dal carcere prima o poi si esce e farlo con sei mesi in più di liberazione anticipata non concessa non risolve il problema. Semmai lo peggiora. Il detenuto uscirà ancora più affranto, desolato, incattivito da uno Stato che non aveva in cantiere per lui nessuna proposta, nessun’altra possibilità se non il carcere. Se Meloni e Cirielli sono convinti di trovare il bandolo della matassa “carcere” con questa soluzione sono davvero fuoristrada. Dovesse essere eliminata la concessione della liberazione anticipata come beneficio per i detenuti si assisterebbe ad una vera e propria rivolta dove la polizia penitenziaria, suo malgrado, rimarrebbe pericolosamente coinvolta. Suggerisco a Giorgia Meloni di osservare il pianeta carcere da un altro punto di vista: scommettere sugli operatori del trattamento, “costringere” i detenuti a misurasi con le regole dell’esterno e prepararli ad una vita inclusiva. Occorre dare opportunità alle persone non in grado di procurasele da soli. Occorre ragionare su questi passaggi e non allungare la pena a soggetti poveri, senza lavoro, molte volte malati, inutilmente sbattuti in carcere e dimenticati.
Parlo di cose che conosco, che ho toccato con mano. Sarebbe bello un dibattito serio su questi argomenti dove anche la sinistra ha dimostrato molta sufficienza e soluzioni tampone. Sarebbe bello ma non accadrà. Prenderò qualche like e qualche pacca sulla spalla e il sistema penitenziario continuerà a camminare sulla strada dell’ipocrisia. Non sarà abolita la liberazione anticipata perché in fondo in fondo è solo una boutade elettorale. Quando si governa gli orizzonti si modificano e si trovano le giustificazioni per ammorbidire le promesse e i vari proclami di una campagna elettorale troppo incentrata sull’ombelico della “ggente”.
Parlo di cose che conosco. Ma quasi nessuno è disposto ad ascoltare e provare a comprendere. Troppo complicato, troppo difficile. E, soprattutto, non interessa. Che marciscano in galera. Ho altri problemi, io. Fino a quando quel problema non entrerà nella propria sfera sarà brillantemente dimenticato. Queste cose le so perché ne discuto da 40 anni. E continuerò a farlo.
Giampaolo Cassitta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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