Mi telefona un amico giornalista, uno di quei colleghi che hanno fatto la storia del giornalismo in Sardegna, uno di quelli che quando vedo il loro numero sul display del cellulare m’irrigidisco sull’attenti ancora prima di rispondere. Mi chiede una mano: l’inviata di un talk politico nazionale deve venire in Sardegna per raccontarne la crisi e ha bisogno d’aiuto. Per capirci, l’inviata vuole qualcuno che la accompagni nel deserto della Costa Smeralda invernale, al Billionaire “imballato” e nella passeggiata con le boutique chiuse a doppia mandata. Chiede pure di entrare in una villa di Porto Cervo e di intervistare il proprietario o qualcuno che ci lavori, purché sia disponibile a stare al gioco: rimarcare il contrasto tra lo sfarzo e la desolazione natalizia tutt’attorno. Ho smesso da un pezzo di accompagnare inviati (in genere saccheggiano le informazioni che gli passi senza neppure citarti), ma un vincolo di riconoscenza e stima mi lega a quell’amico e mi metto subito a disposizione. In più, noi galluresi il problema della stagionalità estrema lo percepiamo ogni anno come sempre più serio, mi pareva dunque giusto dare una mano affinché questo limite arrivasse ad un pubblico molto ampio. Inizio a fare delle telefonate, ma è difficile trovare qualcuno che sia disponibile ad aprire la villa all’occhio impiccione delle telecamere. Poi però riesco a contattare l’architetto Enzo Satta, un’istituzione in Costa Smeralda, nonché uomo di squisita gentilezza. Sì, va bene, il padre della velina Melissa, ma molto prima uno dei più fidati e stimati collaboratori dell’Aga Khan, nonché un conoscitore storico del comprensorio turistico. Gli spiego la natura del servizio e lui accetta subito di aprire la sua residenza al Pevero Golf club: “Vieni pure quando vuoi, ti aspetto”. Chiamo l’inviata e le spiego che potrà entrare in una villa e intervistare un professionista qualificato come pochi, in tema di sviluppo turistico e stagionalità. Mi dice che dopo Porto Cervo punterà su Ottana, per un reportage sul dramma del fallimento industriale. In serata le mando un sms, per suggerirle l’opinione di un amico che vive da quelle parti e potrebbe esserle utile, ma non ricevo risposta.
La giornalista, giovane e graziosa, arriva la mattina dopo con un cameraman e io la accompagno subito dall’architetto. Provo ad accennarle alla durata sempre più breve delle stagioni, ma lei mi oppone subito un fermo “dobbiamo parlare della Costa Smeralda chiusa a Natale, non in primavere o autunno”. Provo a farle presente che a Natale di località balneari in attività se ne trovano poche, ma vedo che il mio rilievo non le interessa. Satta, da persona rigorosa, vorrebbe strutturare un discorso sulle cause di questa stagionalità, ma all’inviata continuano a non interessare molto. Lei vorrebbe poter inquadrare un albero di Natale, qualche oggetto tipicamente natalizio che però nella villa di Enzo non c’è, le interesserebbe un presepe in primo piano con, sullo sfondo, il campo da golf del Pevero. Vorrebbe raccontarci un Natale che non esiste, in Costa Smeralda, e poco serve dirle che il Natale in Costa Smeralda e in qualunque altro comprensorio turistico sardo non è mai esistito. Il problema, semmai, è il deserto nei mesi di aprile e ottobre, non a dicembre. Per giunta, l’inviata storce il naso anche al cospetto dell’elegante sobrietà della casa dell’architetto: ne preferirebbe una più pacchiana, più smaccatamente lussuosa, dice che questo le hanno preteso in redazione. Ma si deve accontentare, prendere o lasciare. L’intervista con l’architetto si svolge all’esterno, sul terrazzino della villa, ma del problema stagionalità si parla poco: l’inviata vuole piuttosto sapere se l’architetto, per Natale, abbia ricevuto regali pregiati dai vicini di casa.
Lasciata casa Satta, porto collega e operatore al Cala di Volpe. Cerco di dimostrare, dati alla mano, come negli ultimi anni le date di aperture siano state posticipate di un mese e quelle di chiusura anticipate, aggiungendo che per un lavoratore stagionale l’accorciarsi dei contratti di lavoro è spesso il viatico per una nuova emigrazione, verso luoghi dove un contratto stagionale dura almeno sei mesi. Ma la giornalista è al telefono e non può ascoltarmi. Po andiamo al Billionaire e mi si chiede di dichiarare al microfono che la discoteca di Briatore, al 9 dicembre, risulta essere chiusa. Sai che sorpresa! Lo stesso alla Marina di Porto Cervo: la telecamera inquadra il porto e io, indicando il molo A e pronunciando i nomi degli yacht più famosi che vi ormeggiano, devo dire che in questo periodo di yacht non ce ne sono ma, se fossimo venuti ad agosto, non ci sarebbe stato un posto barca libero. E chi mai lo avrebbe detto? Poi ognuno va per la sua strada e io me ne torno a casa, assalito dal senso di colpa per essermi prestato all’ennesima narrazione superficiale e ricca di stereotipi sulla Sardegna. Il racconto del turismo in Sardegna, in questo talk nazionale, saranno poche immagini e un’insalata di notizie scontate, senza alcun vero approfondimento. E la gente che vedrà quel servizio, quell’idea si farà di noi. Volevo dirvelo, prima che quel talk lo vediate.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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