L’emergenza criminalità è una bufala, merce avariata da campagna elettorale o da salotti televisivi con penuria di argomenti. La convinzione che l’Italia sia un Paese sempre più insicuro è il risultato di campagne di persuasione occulta ma, nei fatti, viene smontata dai numeri. Era abbastanza evidente che fosse così, ma con analisi statistiche precise si può confutare scientificamente questa sciocchezza. Il giornalista Vittorio Zucconi ha pubblicato su Twitter i dati sugli omicidi in Italia commessi tra il 1991 e il 2016. Qualcuno dirà: ah, Zucconi di Repubblica, gruppo editoriale vicino al governo e bla bla bla… No, Zucconi i dati li ha presi da un’inchiesta pubblicata nel maggio del 2017 da il Fatto Quotidiano che, a sua volta, li ha estratti da uno studio del ministero dell’Interno. Sapete quanti furono gli omicidi nel 1992? 1442. Sapete quanti sono stati gli omicidi nel 2017? 343. Sapete qual era l’incidenza degli omicidi in Sardegna, nel 1992? 4.7 ammazzati per 100 mila abitanti. Sapete qual è stata nel 2016? 0.9 ammazzati per 100 mila abitanti. Ora, di fronte alla schiacciante evidenza di questi numeri, attendo con ansia le spiegazione dei professionisti della paura per giustificare il loro inutile ruolo nella società. Gente molto più brava e titolata di me ha spiegato come funziona questo meccanismo della percezione. Il fatto è che oggi siamo una società mediatica, molto più del 1992. Il sangue fa vendere, tiene la gente incollata ai social e alla televisione e diventa preziosa merce elettorale per quei partiti fondati sulla paura della gente. Abbiamo i pomeriggi televisivi invasi da fatti di cronaca vivisezionati in tutti i loro truculenti aspetti, abbiamo trasmissioni serali che ci raccontano di rapine, stupri e scippi come se fossero fenomeni nuovi e dilaganti. Esistono, per carità, ma prima era molto peggio. Oggi, le morti violente in Italia sono diminuite di due terzi rispetto a venticinque anni fa. Non è che si debba sempre cercare una spiegazione razionale a tutto. Vi faccio un esempio, ricorrendo all’agenda politica di questi giorni. Un pregiudicato per reati contro lo Stato, rimosso da tutte la cariche politiche, conduce per conto di una vasta area politica la campagna elettorale per il rinnovo di un Parlamento nel quale non può entrare. Il pregiudicato dice che l’Italia non è un Paese razzista, poi dice che in Italia ci sono 600 mila immigrati pronti a delinquere (evidentemente li conosce uno per uno). Parola di pregiudicato, probabile leader della maggioranza di un Parlamento nel quale non potrà entrare.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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