D’Alema dice che sui giornali della mattina a mezzogiorno ci incartano il pesce. Chissà quanti se lo sono ritrovati, lui, il suo baffetto, scartando la frittura. Io li conservo per letture mediate: parlano di noi, attori inconsapevoli della quotidianità; nello specifico, Repubblica del 18 settembre scorso. Ritorno a quei fatti; mi sollecitando interpretazioni e più che risposte generano domande. Bauman riflette sul quartiere come spazio off line, dove viviamo fisicamente e quello on line – il quartiere virtuale delle reti sociali, fatto di distanze inesistenti, noi padroni assoluti. Un vivere simultaneo caratterizza la nostra esistenza, tra quartiere elettronico ed abitativo: “zona grigia che separa e connette lo spazio dell’anonimato e quello della familiarità”- spiega Bauman. Rifletto sulle potenzialità non colte delle reti social, immediatezza e reciprocità sovrapposte alle relazioni spesso conflittuali del quartiere, “la scena su cui vengono rappresentati drammi dell’auto-identificazione e della ricerca di riconoscimento”. Ho ripensato alla “teoria del mondo piccolo” dello psicologo Stanley Milgram. Selezionò nel 1967 un gruppo di americani e chiese loro di mandare un pacchetto a un estraneo di cui conoscevano nome, professione e città di residenza a migliaia di chilometri di distanza, avvalendosi di una persona da loro conosciuta, che, a loro giudizio, poteva avere maggiori possibilità di conoscere il destinatario. Quella persona avrebbe fatto lo stesso, e così via, fino a che il pacchetto non fosse stato personalmente consegnato al destinatario finale. Contrariamente all’ipotesi di un centinaio di intermediari, i pacchetti arrivarono a destinazione con cinque, sette passaggi. Da qui nacque l’espressione sei gradi di separazione; tanti o pochi, rispetto alla società delle reti virtuali che non distinguono i confini fisici del quartiere dagli spazi infiniti del mondo. Anzi, oltre i confini planetari, per il milione di dollari investito dal magnate russo a inviare un messaggio dal pianeta Terra all’Universo, ma che rappresenti l’umanità. Assieme a queste notizie, Repubblica del 18 settembre scorso apre in prima pagina con un dramma della solitudine: la morte di un’insegnate disabile in un quartiere di Roma. La sua biografia del silenzio, direbbe Pablo D’Ors, riferisce di un carattere chiuso, senza relazioni sociali e parentali, al confino in un appartamento di un quartiere romano. Certo: forse per scelta arriva a nulla condividere con chi divise il pianerottolo, separata da tramezzi spesso poco discreti che sommano contiguità e indifferenza assieme. Data presunta del decesso il 2013, a stare al calendario sulla parete. Nata nel 1952, morta a 60 anni: giovane, si dice in questi casi. Due anni di silenzio inascoltato, perché a volte il silenzio qualcosa dice. Sospettata di nascondersi per evitare la notifica di sfratto. Che comunque avvenne: l’ufficiale giudiziario per entrare nell’appartamento ha dovuto togliere il nastro adesivo dalla porta; così i condomini avevano cercato di contenere le esalazioni dei miasmi: sigillo d’indifferenza, cattive coscienze. Riferisce Repubblica, di una poliziotta accoltellata a Berlino: un terrorista di Al Qaeda, libero grazie al braccialetto elettronico del quale si era liberato, poi ucciso. Informa dei colossi del GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple) che investono su App sanitarie per diagnosi precoci. Gioco con la lettura dei fatti accaduti, mischio il mazzo e baro: il terrorista di Al Qaeda in carcere, la poliziotta tedesca ancora al lavoro, il braccialetto elettronico al polso della professoressa a monitorarne la vita ritirata, come la pubblicità del telefono amico racconta: meglio i volontari del controllo remoto, ché sui vicini non è da fare affidamento. Corretta appare la lettura che Frédéric Martel (“Smart. Inchiesta sulle reti”, il titolo del suo libro) fa della dualità di mondi in cui viviamo, di quartieri reali e virtuali, riconducendo il villaggio globale a comunità fatta di piccole reti: il valore aggiunto delle App non supplisce all’indifferente consueta umanità ed ai gradi di separazione incolmabili.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Ma in piazza d’Italia dove sorge il sole? (di Cosimo Filigheddu)
Venti morti per caldo e siccità: 6 luglio 1957 (di Francesco Giorgioni)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
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Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
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