Succede in America, il paese che sulla bocca uniformata di molti continua ad apparire come “grande esempio di democrazia” mentre, se la si osserva attentamente, in questa “blessed” America di Democrazia se ne è sempre vista davvero poca e quella poca per giunta “fittizia”. Ma questa vicenda del Museum of Children’s Art (MOCHA) di Oakland in California va raccontata e meditata per bene.
La direzione di questo museo ha censurato, dietro le pressioni dei potentissimi gruppi filo-israeliani, il “punto di vista” dei bambini palestinesi -per l’esattezza di un bambino di Gaza che raccontava dell’operazione “Piombo Fuso” (2008/09)- sulla guerra mai dichiarata ma mai terminata che in quella terra, la loro Palestina, sono costrette a vivere quelle creature. Censura applicata senza sconti con l’assurda motivazione che “quelle immagini erano di natura troppo violenta“, come afferma il direttore del museo Hilmon Sorey difendendo la sua decisione di escluderle dalla mostra.
Immagini, disegni di piccoli ragazzini innocenti che raffigurano le arroganti e vigliacche barbarie dell’esercito israeliano contro civili inermi ed indifesi, mica fantascienza, che raccontano fedelmente la realtà di questo genocidio stillato goccia a goccia da oltre settant’anni nel più vergognoso e complice silenzio della comunità mondiale tutta ( o quasi). il Jewish Community Relations Council e la Federazione Ebraica della East Bay, le due lobbyes che si sono battute più tenacemente per questa censura, si sono prontamente vantate, attraverso i media statunitensi ed israeliani, di “essere riusciti nell’intento”, quello di cancellare ciò che ad Israele -più presisamente al sionismo israeliano- risulta da sempre essere scomodo e davvero poco gradito, la Verità.
Una ipocrisia evidente quanto insopportabile, da parte di associazioni che organizzano ogni anno gite e visite per le loro scolaresche (dalle primarie in su) nei campi di sterminio nazisti, dove gli unici orrori che hanno interesse a mostrare non vengono certo evitati agli occhi innocenti di bambini ignari persino di quanto, oggi, accada nei pressi delle loro case coloniche sorte su territori sottratti con la forza ai legittimi proprietari ed abitanti, i palestinesi appunto. Palestinesi che non possono dire la loro ma devono, come del resto deve -obtorto collo- fare il resto del mondo, conoscere solo certe “verità unilaterali”, quelle che raccontano Israele e Stati Uniti, da sempre, nascondendo qualsiasi altra versione si cerchi di diffondere, censurandola, arrivando persino a sopprimere fisicamente chi cerca di raccontarla.
Una palese e davvero indigesta ed ipocrita arroganza, menzognera, che traspare in tutto ciò che servirebbe per formarsi una opinione, dai mass-media alla cinematografia sino ai serial tv, dove americani ed israeliani continuano ad essere presentati come “i buoni” ed il resto del mondo -quello che non si “allinea”- come “i cattivi”. Tutto questo mentre, qua da noi, una vergognosa campagna/stampa si accanisce contro una delle poche persone che, dopo il compianto Vittorio Arrigoni, rimane in quelle terre per portarci testimonianza diretta, a suo grosso rischio e pericolo, di quanto realmente accada laggiù, Rosa Schiano.
Questo del MOCHA è un fatto che risale alla fine (il 24) del settembre scorso, del quale speravo parlassero in molti ed invece, sino ad oggi, il silenzio è stato pressoché assoluto ovunque, non solo in Italia, così come si è taciuta la protesta attivata dal MECA (Middle East Children’s Alliance) che per quel giorno presentò comunque quei disegni censurati, ma nel cortile antistante il Museo californiano di Oakland. “È molto triste che gli artisti bambini di Gaza siano costretti da Israele a vivere sotto assedio dal 2006. Togliendo ai bambini palestinesi la possibilità di parlare, i gruppi pro-israeliani sono riusciti a estendere l’assedio da Gaza a Oakland”, ha detto Ziad Abbas, direttore associato di MECA.
Credo che ci sia davvero poco, anzi nulla, da aggiungere, a queste degne parole, se non il mio sempre più convinto “Free Palestine, Free The Truth!“, sperando che non censurino anche me.
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