Che lo Stato italiano potesse organizzare il G8 in Sardegna pareva un miracolo.
L’organizzazione del vertice delle otto più potenti nazioni della terra, infatti, comporta uno sforzo finanziario enorme con importanti ricadute economiche e promozionali sul territorio.
Tuttavia, per il governo italiano, la scelta di fare il G8 nello spettacolare scenario dell’arcipelago, sarebbe stata cosa buona e giusta. Buona, per il ritorno di immagine ineguagliabile che l’intero paese ne avrebbe avuto, grazie al fantastico scenario naturale offerto dal Parco Nazionale; giusta perché comunque il sito, abbandonato dai militari, si presentava in condizioni tali da necessitare di una bonifica e di una conversione per poter utilizzare quelle strutture abbandonate, trasformando caserme in alberghi e l’arsenale in luogo per il diporto di lusso.
Per La Maddalena, il G8 rappresentava la speranza. La speranza finalmente di non dover dipendere più dalle buste paga dei militari e intraprendere finalmente quel destino di economia turistica che madre natura gli aveva assegnato dandogli quel meraviglioso territorio.
Soldi spesi bene, insomma.
La storia la conosciamo tutti, il miracolo si rivelò un miraggio. Con un colpo di mano cinico e beffardo, il Presidente del Consiglio Berlusconi decise di trasferire, improvvisamente, pochi mesi prima, il vertice nel terremotato Abruzzo, con il solo scopo di propagandare l’azione del suo governo impegnato in quella che si rivelò come una ricostruzione più di immagine che di sostanza. Sul piano mediatico personale, lo spostamento del G8, per Berlusconi, fu un successo. Sfruttò bene la sofferenza e il dolore degli abruzzesi. Ma, per La Maddalena, fu l’inizio della preannunciata catastrofe.
Fu solo il primo atto di una sequenza di incredibili, ripetute, subdole azioni fatte in spregio dei cittadini e in particolare dei sardi.
Si ricorderanno le risate degli affaristi della famigerata “cricca”, emerse durante le intercettazioni, alla notizia della disastro abruzzese.
Ecco, la cricca è la stessa.
La cricca è la stessa che, a La Maddalena e in mezza Italia, è sotto inchiesta per tutta una serie di reati che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione. Hanno agito, nei fatti maddalenini, con lo stesso cinismo, con la stessa mancanza di un pur minimo senso della morale. Una cricca ineffabile che aveva la sue sede proprio là, nel cuore dello Stato.
Un passo indietro. Nel 2001 si decise di dotare la Protezione Civile di speciali poteri. Giusto, si pensò. Quando ci sono emergenze, mica si può stare lì a cincischiare con le gare d’appalto.
Peccato che in Italia, quando si vogliono fare affari, si creano emergenze anche dove non esistono.
L’Italia è un paese abituato alla grandi emergenze, alle catastrofi, ad anche all’organizzazione di grandi eventi. In Italia si sono organizzate le Olimpiadi, i mondiali di calcio, il Giubileo, funerali oceanici eccetera. E non è mai successo nulla, mai nessun grosso problema organizzativo.
Quindi questa esigenza, di dotare la Protezione Civile di poteri straordinari, doveva apparire, appena appena, un po’ sospetta.
Ed infatti, sotto il cappello della protezione civile, incominciarono a confluire eventi che di urgente avevano ben poco. Il G8 de La Maddalena era stato preannunciato con due anni di anticipo, e fu fatto passare per una emergenza da far gestire alla Protezione Civile, organo vicino a quel sistema “gelatinoso”, come lo hanno definito i magistrati, che eludeva controlli, certificazioni, gare d’appalto. Organizzazione gelatinosa che partiva da un alto funzionario dello Stato, Angelo Balducci, ex capo dell’ufficio che in Italia gestisce i lavori pubblici.
Per organizzare il G8 a La Maddalena, due anni erano pochi, si era in emergenza. Poi, quando hanno voluto, ci hanno impiegato solo 3 mesi per organizzarlo in Abruzzo.
Il sistema della cricca era strutturato per fregare soldi pubblici non una volta, ma ben tre volte.
Primo: affidando l’appalto con un costo sovradimensionato, per “oliare” la macchina.
Secondo: affidando la gestione dell’affare alle imprese degli amici, a prezzi di favore.
Terzo, quando l’impresa amica, regolarmente, decide di fare causa allo Stato per qualche inadempienza che si trova sempre; il quale Stato, rappresentato in giudizio da funzionari compiacenti, finge di impegnarsi nel contenzioso ma alla fine soccombe sempre.
Un sistema che, in realtà, è storico. Già ampiamente collaudato in Sardegna, naturalmente, fin dalla lontana epoca in cui lo Stato cedeva agli imprenditori amici gli appalti per disboscare le foreste, per finire con i finanziamenti regalati agli industriali con il Piano di Rinascita. Rovelli docet.
Ma il bello deve ancora venire.
La cricca “gelatinosa”, che portava avanti a La Maddalena i lavori del G8, poi interrotti a causa dell’improvvido trasferimento in Abruzzo, metteva insieme alti funzionari dello Stato, con la protezione di politici di spicco e persino di ambienti vicino al Vaticano. Agiva con spietato cinismo e, grazie alle procedure d’urgenza affidate alla Protezione civile, poteva saltare tutti i controlli di regolarità sugli appalti e sui lavori, ma non solo. I lavori del G8 a La Maddalena si svolgevano in totale assenza di controlli da parte degli enti concorrenti, Regione e Comune, alla quale era stato imposto il segreto di Stato, che oggi, col senno di poi, appare piuttosto pretestuoso.
Fino a poche settimane prima dell’annuncio di Berlusconi del trasferimento del G8 in Abruzzo, nell’aprile del 2009, si erano sprecate le rassicurazioni, da parte dei rappresentati dello Stato, che confermavano il vertice a La Maddalena, nonostante i “rumors”. Dopo la fregatura, si sprecarono le rassicurazioni sul completamento dei lavori e sul rilancio dell’economia della località sarda.
E infatti, i lavori maddalenini si fermarono subito. Poi, sotto la spinta delle proteste, vennero terminati, si fa per dire, in modo approssimativo. La rete di cablaggio telematica, ad esempio, lunga 13 km, restò inutilizzata per la mancanza di un collegamento di 100 metri.
Così la Mita Resort, l’impresa dell’ex Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, vinse l’appalto per la gestione di opere costate oltre 400 milioni di euro, tra cui due alberghi di pregio, il palazzo delle conferenze progettato dall’architetto Stefano Boeri, l’arsenale convertito per la diportistica di lusso.
Le proteste su questo affidamento, insieme ai dubbi e ai sospetti, non mancheranno.
Ma naturalmente l’impresa, invece di gestire, licenziò i lavoratori lasciando cadere le opere a pezzi. Sono costruite male ed in fretta, protestò. E ti credo.
La Mita Resort della Marcegaglia lasciò cadere le opere a pezzi per poter dimostrare, in giudizio, che erano state costruite male, e pretendere così un risarcimento allo Stato di 10 milioni di euro. La Marcegaglia, naturalmente, non ha sborsato un solo soldo di quelli pattuiti con lo Stato. Ma ci sono i danni all’immagine da risarcire, che scherziamo?
Ma in questo tipo di vicende, oltre alle tasche dei cittadini e ai lavoratori, c’è sempre un’altra vittima, che non soffre di manie di protagonismo, che arriva sempre per ultima e se ne sta un po’ in disparte, discreta e nascosta: l’ambiente.
L’ambiente, e con esso la salute dei cittadini, viene in questi casi vilipeso, utilizzato come “res nullius”, come esternalità inutile e priva di valore.
I militari della Marina, infatti, avevano lasciato una eredità fatta di montagne di rifiuti, anche pericolosi. Gran parte di questa montagna di rifiuti era finita in mare.
Pensare di utilizzare quel mare, il mare di La Maddalena, il mare più bello del mondo, come discarica, fa molto male al cuore.
Tuttavia lo Stato si era deciso a rimediare allo scempio storico dei militari, stanziando, in comune con la Regione, complessivamente ben 31 milioni di euro per la bonifica. Allez!
Nel marzo del 2010 si scoprì che i sei ettari di mare inquinato che dovevano essere stati bonificati, presentavano concentrazioni di idrocarburi, amianto, mercurio, piombo, arsenico e quant’altro, superiori a prima. La bonifica aveva ottenuto l’effetto opposto.
L’inchiesta della Procura di Tempio, che porterà all’incriminazione di 17 persone, accerterà che l’inquinamento, dai sei ettari iniziali, era stato sparpagliato su dodici ettari, minacciando le acque del Parco Nazionale. Per fare prima e risparmiare sui costi, è verosimile che i bonificatori abbiano rimosso un po’ di materiale, facendo come la serva che nasconde la polvere sotto il tappeto, finendo per peggiorare la già grave situazione.
I soldi sono spariti, i rifiuti sono rimasti.
A questo punto della storia, con la cricca di Balducci, Bertolaso e Anemone e compagnia cantante sotto inchiesta dalle Procure di mezza Italia, ci sarebbe da aspettarsi che la storia si possa concludere almeno con un po’ di imperfetta giustizia.
Ma, purtroppo, la storia non finisce qua.
La Mita Resort della Marcegaglia dovrebbe pagare alla Regione Sardegna un canone di 60 mila euro annui. Una miseria, buona per pagarci l’affitto di due o al massimo tre stazioncine della Forestale.
Però la Regione Sardegna è costretta a pagare allo Stato l’ICI per quegli immobili, per la bellezza di 500 mila euro annui. Perché lo Stato, con un colpo a sorpresa degno di migliore esito, nel marzo del 2010, ha trasferito la proprietà dell’arsenale alla Regione.
Ora la Regione Sarda si trova a dover pagare il fisco su un complesso immobiliare in rovina e gestito, o meglio, volutamente non gestito, da altri. La Regione paga una fortuna per degli immobili dove non ci può far nulla, perché gestiti da privati che hanno l’interesse a farli cadere in rovina. 500 mila euro di soldi buttati ogni anno dalla finestra per stare a guardare il proprio patrimonio andare in rovina. Per non parlare dei soldi che la Regione dovrà sborsare per recuperare quel patrimonio immobiliare.
Giunti a questo punto, si spera che sia finita.
Ma, purtroppo, c’è ancora una ennesima e atroce beffa.
Arriva, nel gennaio del 2013, il proclama di Clini, Ministro dell’Ambiente del Governo Monti.
Dei 57 siti statali gravemente inquinati (tra cui La Maddalena), 18 verranno declassati in siti regionali. Spiegato in soldoni, significa che quei 18 siti dovranno essere bonificati non più a spese dello Stato, ma a spese delle Regioni. E le bonifiche costano, costano parecchio, un occhio della testa.
Ora, voi vi domandereste: potrebbe mai lo Stato, dopo il macello che ha combinato a La Maddalena, fare una bastardata simile?
La risposta è: Sì.
La Maddalena è stata declassata come sito di interesse regionale, e dovrà essere la Regione a provvedere, ai confini di un Parco Nazionale (ripeto, nazionale) allo smaltimento della discarica di rifiuti tossici che giace in fondo al mare.
Insomma, lo Stato ha scaricato la patata bollente alla Regione. Dovrà essere la Regione a rimediare ai danni che lo Stato, prima con la storica presenza militare, e poi con l’inganno del mancato G8 e tutto quello che ne è conseguito, ha provocato.
Con quali soldi, vi domanderete.
Forse con quelli della vertenza delle entrate che lo Stato (grazie, in particolare, all’ineffabile Berlusconi, ancora lui) ha dirottato altrove?
Regione e Comune de La Maddalena ora si ritrovano con il cerino in mano di questa assurda vicenda. Che più che un cerino, sembra una bomba già innescata.
Nel frattempo, militari e militaristi, di fronte alle proteste di una eccessiva pressione militare nell’isola, indicano La Maddalena come esempio di un disastro economico provocato dalla dipartita dei militari.
Perché, alle prese in giro, con il tempo, ci si fa l’abitudine, e ci si assuefa.
E loro lo sanno.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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