In via Canopolo c’era un vespasiano. Sai, quelle edicole di lamiera dove si andava a pisciare. Strano che lo avessero sistemato proprio lì, addossato a uno dei pochi tratti di muro liberi dalla teoria immobile di sottani e botteghe. La strada è stretta, ancora ci passavano le macchine e il vespasiano era un ingombro. Il fatto è che a pochi metri c’era l’angolo con via Esperson e in via Esperson c’era il casino e il vespasiano era un servizio pubblico offerto ai clienti perché dopo essersi svuotati i coglioni si potessero svuotare anche l’altra sacchetta. Che poesia. Era la concezione dell’amore di Stato: regolato dallo Stato, cioè. E oggi la Macchina del Tempo ricorda Lina Merlin, nata il 15 ottobre del 1887. La ricorda con questo pisciatoio di via Canopolo eletto a simbolo di un modo di concepire la donna e il sesso che Lina Merlin non voleva abolire o cancellare, come tanti dicono ora, non so se ignoranti o farabutti, per blaterare di un suo fallimento, visto che la prostituzione esiste ancora ed esistono ancora un fottio di uomini che, dopo avere consumato e avere pagato, la cosa più romantica che sappiano esprimere è appunto una pisciata. Lina Merlin non voleva abolire questo amore fatto di umori spermatici e urinari e di donne intese come vagine a noleggio, non era sciocca, non si illudeva che una legge potesse fare rimarginare una piaga della nostra essenza. Ma così come nessun codice penale pretende di cancellare assassini e ladri ma di dichiararli fuori legge, lei voleva soltanto che su questa vergogna che molti ancora chiamano sesso non ci fosse più il timbro dello Stato. Dopo di lei, quanto meno, e dopo quel 1958 in cui le case di tolleranza divennero illegali, sfruttare una donna che si prostituisce divenne un reato. Chissà quanto durerà. Pare che ci sia una grande voglia di riaprire i casini. Un desiderio politicamente trasversale, sembra. E questa non è una novità, visto che la stessa Merlin dopo avere vinto la sua battaglia fu di fatto costretta a ritirarsi dalla politica anche da certi dei suoi compagni socialisti. Ed era il socialismo di Nenni, un grande socialismo, che pure non riuscì a difenderla dalla vendetta dei puttanieri frustrati. Figuriamoci cosa succederà ora che di Nenni non c’è neppure il ricordo e la politica ha lo stesso odore di quel vespasiano di via Canopolo. L’ho visto scomparire che ero un bambino e forse lo vedrò ricomparire da vecchio. E magari in qualche mia passeggiata, lontano da casa o da un bar aperto, mi sarà pure utile, visto che pur non frequentando casini non ho più la vescica di un giovanotto.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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