“Anche idiota mi credono tutti, non so perché, e in realtà un tempo fui tanto malato, che allora ero proprio simile a un idiota; ma ora che idiota potrei essere, quando capisco anch’io che mi ritengono idiota?”. Mi hanno sempre dato da pensare queste righe (qui nell’edizione Einaudi) de “L’idiota” di Dostoevskij. Se Myskin aveva coscienza di sé, non era idiota. Se non ne aveva, lo era. Ma se era idiota, non era buono, non era Cristo, come l’autore sottende. E quindi crolla l’assunto di un capolavoro della letteratura. Lo stesso Cristo dei Vangeli insegna che la bontà non è un atto passivo. Uno non è buono perché non fa del male. E’ buono chi fa del bene. Per fare del bene occorre sollevare il culo dalla sedia. Prima di darmi ragione sul fatto che Dostoevskij si sia incartato in questo va e vieni tra stati mentali reali e artificiosi, occorre però valutate la possibilità che sia io a non averne capito un cazzo. E’ un’ipotesi concreta. Mi succede spesso. Anche con Pirandello, che pure è più lineare del russo. Ma se fosse dimostrato il mio teorema sull’idiota buono che per essere buono non può essere idiota, ne discenderebbe un interessante corollario sull’idiota cattivo, che per essere davvero cattivo non può essere davvero idiota. “Sono o non sono pazzo – dice l’uomo che si credeva Enrico IV – Eh via, sì, sono pazzo. Ma allora, perdio, vi ordino di inginocchiarvi tutti davanti a me!”. Metti Trump. E’ pazzo o non è pazzo? E’ idiota o non è idiota? Ma che cosa importa se questa sua follia reale o agitata ci costringe a inginocchiarci davanti a lui? L’idiozia non è più una debolezza, un punto di estrema vulnerabilità della corazza di un uomo politico. Diventa forza proprio nella presunzione che sia un’idiozia fittizia, costruita per piacere alla parte di popolo più attratta all’immagine giocosa e irresponsabile dell’ idiota e per incutere timore all’altra parte che aborrisce l’idiozia ma rispetta i potenti. Reich, Fromm, Adorno e altri studiosi della psicologia di massa del fascismo si sono soffermati su questa ambigua percezione della pazzia del leader e sull’effetto che uno stato mentale giudicato malato può avere sulle masse. E mettiamo il caso delle promesse delle ultime campagne elettorali italiane: elementari, ridicole, palesemente inattuabili. Oppure irrilevanti per l’effetto di generale benessere che se attuate dovrebbero sortire. Ma efficaci. Se uno pensa al valore della tassa sulla prima casa o del canone tv nell’economia di una nazione, dovrebbe arrivare alla conclusione che chi cerca voti con questi mezzi è idiota quanto un presidente americano che dice a un dittatorello che tanto lui ce l’ha più grande. Così come chi sostiene, se ho capito bene, che il complesso problema dello spopolamento in Sardegna si può risolvere anche facendo fare ai migranti i lavori sporchi e umilianti che noi indigeni rifiutiamo. In uno stato di normalità uno si chiederebbe “Ma è matto quello a dire cose del genere?”. Matto nel senso di idiota. Invece non è vero. E’ tutt’altro che idiota il leader che parla così. Sa che spingerà migliaia di elettori a pensare che dietro l’apparente idiozia di questa proposta ci sia in realtà una provocatoria genialità: “E così semplice: se a me non piace raccogliere dai giardini la merda dei nostri cani, ci penseranno quei negri che a tutti i costi vogliono emigrare a casa mia”. E in questo modo, se qualcuno si mette a parlare delle vere cause dello spopolamento, tra le quali la devastante concentrazione di risorse e popolazione nel sud dell’isola, verrà trattato come il solito rompiballe inconcludente. In realtà nessuno dei leader che in America dicono di averla più grande, che a Roma promettono abolizioni di balzelli e che in Sardegna prospettano un ponte sul Tirreno per risolvere il problema della continuità territoriale (avvenne davvero, ma per fortuna molti anni fa), è idiota. Tutti fanno delle provocazioni che sortiranno effetti per loro positivi proprio in una presunzione di non idiozia: “Quello sembra un idiota però…”. Continuerà a funzionare? E’ possibile. Se sì, da questo discenderà un nuovo corollario. E cioè che tutti noi elettori siamo idioti. Ma non presunti. Coglioni davvero.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design